Una donna fantastica – Femminilità

Il nostro parere

Una donna fantastica (2017) CHI di Sebastian Lelio

Marina, una donna transgender, è legata sentimentalmente a un uomo, Orlando, il suo grande amore. Quando lui muore all’improvviso, lei è costretta ad affrontare i pregiudizi della società in cui vive.

Quando Lelio ha ritirato l’Oscar come miglior film straniero ha detto che senza l’essenza stessa di Daniela Vega non sarebbe stato possibile realizzare questo film. Ed è vero perchè la Vega, realmente transgender e cantante, non recita il ruolo di Marina: è Marina. Non recita il ruolo, ma lo vive e lo indossa come una seconda pelle.

In questa straordinaria prova d’attrice risiede gran parte dell’anima di un film che rimane sempre al di sopra del moralismo in un concentrato di grazia e sentimento che raramente si trova sul grande schermo. La semplicità dei sentimenti della transgender (o donna? Che importanza ha?) prende allo stomaco per l’intensità di ogni sguardo o sentimento. La scena in cui Marina nuda si guarda il volto allo specchio che copre le sue parti basse è di una bellezza estrema, momento catartico in cui il personaggio, dopo aver subito colpi che avrebbero schiantato chiunque, cerca di ritrovare se stessa, rinascendo al mondo e alla vita.

L’affermazione della sua persona, ancora prima della femminilità che promana, è la cifra essenziale del film che Lelio dirige con ispirata poesia, così come aveva fatto per il ritratto di signora di Gloria (2013), altra opera che esplorava il mondo femminile con profondità e acume, sfuggendo totalmente alle ipocrisie della società maschilista.

La produzione sudamericana che giunge da noi è certamente filtrata dalla distribuzione, ma dal Cile (Lelio e Larrain) e dall’Argentina (Trapero, Szifron, Gay) arrivano segnali di vitalità entusiasmanti con un cinema capace di penetrare nella società, svelandone aspetti reconditi con tematiche coraggiose.

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