Salto nel vuoto. Borghesia da annullare

Il nostro parere

Salto nel vuoto (1980) ITA di Marco Bellocchio

Mauro, magistrato, vive un rapporto malato con la sorella Marta, depressa e folle. Il disastrato menage familiare, i due sembrano una vecchia coppia sposata, spossa Mauro che anela la libertà. Il suo desiderio lo spinge a far sì che la sorella frequenti uno squattrinato artista, avventuriero anticonformista. Quando il suo desiderio sta per realizzarsi, scatta in lui una gelosia ossessiva e irragionevole.

L’inferno familiare borghese, il seme della follia, lo sguardo della televisione acceso verso la vita delle persone, i ricordi, il desiderio di morte, le finestre spalancate verso l’oblio: questi sono i tanti temi, tipici del cinema di Bellocchio, ancora più evidenti nella prima fase della carriera. C’è anche uno spunto felliniano (non a caso le musiche sono di Nicola Piovani) a corolla di un momento del film.

I due interpreti principali (doppiati da Vittorio Caprioli e Livia Giampalmo) sono estremamente efficaci nella gestione dei personaggi, estremi e morbosi il giusto, atterriti dalla vita. Marta sembra inadatta ai rapporti umani, ma Mauro non è da meno, è solo capace di fingere, di costruire una maschera. Aimèe e Piccoli sanno dare forza alle nevrosi con i loro sguardi talvolta assenti altre volte febbrili.

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