Paradiso amaro (2011) USA di Alexander Payne
Alle Hawaii l’avvocato Matt King, discendente da famiglia borghese parzialmente nativa, vive il dramma dell’infermità della moglie Elizabeth, in coma a causa di un incidente. L’uomo si prende cura delle due giovani figlie, Scott e Alexandra. Quando questi scopre che la donna aveva un amante, decide di volerlo incontrare.
Payne è un maestro della commedia umana, dei dettagli divertenti, commoventi e disordinati che definiscono una vita. Cammina sempre sul filo del rasoio tra umorismo e crepacuore con infallibile abilità. Senza rete. Possiede un talento enorme nello scavare in profondità e da creare atmosfera e anima anche per i paesaggi come accade in questo film con le straordinarie vedute delle Hawaii rese indimenticabili dalla fotografia di Phedon Papamichael.
Nell’adattare il romanzo del 2009 di Kaui Hart Hemmings, con i suoi co-sceneggiatori Nat Faxon e Jim Rash ha regalato a George Clooney una delle performance più belle della sua carriera. Clooney non si è mai esposto alla telecamera così apertamente, sminuendo il fascino della star quasi banalizzandosi. Tuttavia, il Matt King di Clooney, un maniaco del lavoro, discende dal sangue reale: la sua trisavola era una principessa hawaiana che sposò un banchiere haole (bianco) e cedette una ricca fetta di proprietà immobiliare. Come principale beneficiario di 25.000 acri di paradiso di Kauai, Matt deve decidere di mantenere la terra incontaminata o di venderla a sviluppatori per compiacere un esercito di cugini, guidati da un avido Beau Bridges.
Matt ha anche problemi personali. Un incidente in barca ha lasciato la moglie trascurata, Elizabeth, in coma e lui deve badare alle due figlie, Scottie e Alexandra, di 10 e 17 anni. Proprio quando Matt si fa avanti come marito e padre, la vita lo prende alla sprovvista, prima quando viene informato che Elizabeth non uscirà mai dal coma, mettendolo di fronte alla scelta se staccare o meno la spina, e poi quando Alex gli dice che la mamma lo tradiva.
Il momento migliore è quando Matt trascina la famiglia a Kauai per affrontare l’amante della moglie. Payne trasforma una scena apparentemente banale in una meditazione estremamente divertente e acutamente percettiva di ciò che definisce la famiglia. L’autore sa che la faccia di Clooney è una tela contusa ed eloquente, con occhi che riflettono in pochi secondi ferocia e amore. In poche immagini, mentre la colonna sonora mescola abilmente musica hawaiana tradizionale e moderna, Payne provoca domande senza tempo su razza, classe, coscienza e identità.