Mistress America. La gioventù inespressa

Il nostro parere

Mistress America (2015) USA di Noah Baumbach

Il cinema di Baumbach è particolare, eccentrico. Nei suoi ultimi tre lavori si è concentrato peraltro sul rapporto generazionale, sulla impossibilità di sentirsi a proprio agio in qualsiasi età. Lo ha fatto in Giovani si diventa dove un cinquantenne Ben Stiller crede di poter recuperare la gioventù frequentando un ventenne finendo poi per essere deluso da questa esperienza. In Mistress America mette a confronto due sorellastre (che non diventeranno mai tali) a New York. La ventenne Tracy si sente a proprio agio nella nerditudine dove può nascondere inadeguatezza e paura, tentando di non assumere responsabilità che teme di non saper affrontare; la seconda non riesce a concludere un qualsiasi progetto pur presentandosi come una donna di mondo, capace e risoluta. I disastri sentimentali di entrambe sono poi la conferma (ai loro occhi) della propria inettitudine. Eppure la seconda rappresenta un ideale di indipendenza e coraggio agli occhi della prima.

Baumbach segue le due protagoniste con un poetico pedinamento, utilizzando la voce fuori campo per contrappuntare le ambizioni letterarie di Tracy rispetto alla espressività verbale dell’altra. I fallimenti cui andranno incontro sarà un necessario percorso di formazione. Tracy probabilmente saprà ritagliarsi il proprio spazio, mentre Brooke continuerà a fingersi felice.

Ben scritto, ritmato, divertente in alcuni punti, Mistress America è un coraggioso modo di riflettere sulla maturazione personale.

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