L’assassinio di Trotsky. Dove la rivoluzione?

Il nostro parere

L’assassinio di Trotsky (1972) UK di Joseph Losey

Film non completamente riuscito di Losey che conta su un cast di italiani assai nutrito (le musiche di Macchi, la fotografia di De Santis, la sceneggiatura di D’Amico e Solinas). E’ il racconto di come Ramon Mercader, fratello della prima moglie di De Sica, riuscì a conquistarsi la fiducia di Trotsky per ucciderlo. Condannato a 20 anni di prigione, è poi morto in Unione Sovietica poiché era un agente mandato da Stalin.

L’omicidio del leader politico è narrato attraverso il personaggio ambiguo di Mercader, le sue insicurezze, la sua fedeltà alla causa frutto più di una sua debolezza piuttosto che di una convinzione. In contrapposizione la figura di Trotsky, decisamente troppo manierata, si staglia monolitica, affascinante e potente. Rinchiuso come un toro e abbattuto (molto metaforica la scena della corrida), Trotsky si dimena nella prigione che gli ha creato intorno Stalin. Mercader è invece un uomo irrisolto e tormentato, perso nella missione che gli è stata affidata. Sente l’influenza di Trotsky, il suo fascino, e ne è vittima, affascinato dalla sua retorica. Mercader deve uccidere l’emblema: solo così potrà essere qualcuno.

La traccia narrativa delineata non è sufficiente a controbilanciare una ricostruzione storica appena accennata e una messa in scena bloccata e forzata.

 

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