Al dio ignoto – Di fronte al buio

Il nostro parere

Al Dio ignoto (2020) ITA di Rodolfo Bisatti

Lucia vive con il figlio Gabriel, un adolescente di 17 anni. Il marito è fuggito in seguito alla scomparsa della primogenita Anna, morta di leucemia 7 anni prima. Lucia tenta di elaborare il lutto: affronta il dolore lavorando come infermiera in un hospice, a contatto con i malati terminali. Qui incontra degli ospiti che si riveleranno dei “maestri”, indicandole la strada che porta alla liberazione dall’angoscia.

L’opera di Bisatti si presenta con una fotografia luminosa e netta, capace di valorizzare le diverse ambientazioni. La storia, coraggiosa per la scelta della tematica, affronta la morte con pudore e misura, senza cedere lo spazio ad esibizioni melodrammatiche di sentimenti falsi ed eccessivi. Lo stile sottotono del regista, invece, valorizza straordinariamente l’intimità del paziente, il racconto della malattia che non viene esibita come mezzo per condizionare lo spettatore ma come strumento filosofico di riflessione.

Proprio i dialoghi tra i ricoverati, il loro stato d’animo commisurato all’avvicinarsi della morte forniscono momenti struggenti e di intesa emotività. Lucia diventa quindi la loro immagine speculare: mentre loro abbandonano gradualmente la vita, lei diventa l’icona di chi resta e porta con sè un carico di dolore spaventoso.

Eppure la vita prosegue e Lucia saprà trovare, grazie a coloro che assiste, una nuova consapevolezza. Questo passaggio è mostrato con sensibilità attraverso il progressivo illuminarsi del volto della protagonista.

Talvolta, però, le scene contemplative sono prolisse, quasi interminabili, una sfida alla capacità di sopportazione dello spettatore: una scelta certamente non casuale. Così anche il rapporto con il figlio rimasto e l’ex marito assume una forma didascalica non necessaria allo svolgimento dell’intreccio.

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