Le due tigri (1941) ITA di Giorgio Simonelli
I Thugs rapiscono la figlia di Tremalnaik per farne una sacerdotessa della dea Kali. Sandokan accorre e, dopo mirabolanti peripezie, riesce a salvarla, liberando anche Surana, legittima erede al trono di Lahore.
Durante la guerra il fascismo, abbandonati i telefoni bianchi, puntava ancora sul cinema per la propaganda e l’intrattenimento di massa. Si andava quindi a cercare personaggi storici, capaci di rivitalizzare l’orgoglio nazionale, oppure romanzi da tradurre sullo schermo con il preciso scopo di distrarre il pubblico con esotismi e ambientazioni particolari.
Salgari si prestava perfettamente a tale scopo e Sandokan è l’eroe per antonomasia da esaltare. Simonelli mette in scena un romanzo meno noto, cercando di ovviare alla staticità delle riprese con scenografie lussureggianti e inserti da commedia affidati a bravi caratteristi.
Proprio la scenografia, con la fotografia di Scala, è l’aspetto più riuscito del film che sconta difetti enormi quali la scelta di Pavese che, barba a parte, sembra più un pensionato che un uomo attivo e atletico, così come Yanez ha il fisico poco avvezzo all’azione e uno sguardo mediamente annebbiato. Tremal-Naik bianco spettrale, nonostante sia impersonato da un giovane Girotti, è la ciliegina finale.
Le battaglie ridotte al minimo e scelte di sceneggiatura eccessivamente semplificatorie sviliscono ulteriormente la trama rendendo il film una simpatica e professionale (pensate al periodo in cui è stato girato) prestazione.