Mektoub my love canto 1 – Maturazione

Il nostro parere

Mektoub my love (2017) FRA di Abdellatif Kechiche

Amin, apprendista sceneggiatore e appassionato fotografo che vive a Parigi, torna un’Estate nella città natale, per trovare amici di famiglia e d’infanzia. Qui, il timido giovane incontra Yasmine.

Tre ore di film per parlare di Amin e del suo modo di intendere la vita negli anni 90 del sud della Francia. Nel corso di una torrida estate il ragazzo vedrà i suoi coetanei, gli amici, il cugino Toni amarsi, lasciarsi e ammirarsi in un vortice di corpi sinuosi, di volti ammiccanti, di sentimenti intensi e di erotici amplessi. Protagonista dei suoi sguardi è soprattutto Ophelie, che vediamo nella prima scena accoppiarsi con Toni. Alle esplicite scene d’amore Kechiche ha abituato tutti, a partire da La vita di Adele. Non sorprende ritrovare qua l’attenzione al corpo femminile su cui la macchina da presa si sofferma, indugia volontariamente, esplora.

In alcuni momenti, sembra che sia lo stesso sguardo di Amin ma il personaggio, in realtà, si allontana dall’amore, intimidito, mentre il regista utilizza modalità voyeuristiche per esprimere la femminilità delle protagoniste. Appare così evidente il tema fondamentale del suo cinema: il rapporto tra la vita e lo sguardo. Tale tema è affrontato con uno stile che si avvicina alla teoria del pedinamento zavattiniano. Nel film non accade, infatti, mai nulla di significativo se non l’estenuante quotidianità. I dialoghi, banali e infiniti, sono spesso ripetitivi e non esprimono molto se non in alcuni momenti catartici che però non sfociano in nulla. Per lo spettatore è un vero e proprio tour de force che invita a perdere ogni forma d’attenzione.

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