Il giardino degli artisti suicidi

Nella nostra carrellata, decisamente macabra, sulle morti premature nel cinema, ci tocca citare qualcuno che ha deciso di troncare il proprio rapporto con la vita di sua spontanea volontà, lasciando molto spesso un senso di disagio oltre che dolore per la perdita. Perchè, infatti, qualcuno che ha tutto, magari bello e (apparentemente) felice ha scelto di togliersi la vita? Resta sempre il dubbio sul senso dell’esistenza, impossibile per chiunque da trovare. Ecco il perchè di questa lista, ecco perchè ci sembra doveroso ricordare 10 artisti. Li citiamo in ordine sparso.

1. Ruan Lyungiu (26 aprile 1910 – 8 marzo 1935) Nata nel 1910 da una famiglia operaia. Dal 1930 al 1935, Ruan lavora per lo studio Lianhua e interpreta ruoli eterogenei. Una delle sue parti più celebri è quella della vedova e madre devota di un bambino piccolo in The Goddess (1934). La complessità di questo ruolo transita nell’immagine della diva attraverso la stampa, che rende noto come l’attrice non sia soltanto una star del cinema, bensì anche una donna separata che, da sola, alleva una figlia ed è l’amante di un uomo potente. In Giocattolil’attrice è sposata e ha anche un ricco amante, che vive in città e vuole portarla a Parigi. La recitazione di Ruan è naturalista, fuggendo dai canoni enfatici del cinema muto. L’ultimo film che interpreta è Donne nuove nel 1935; si suicida il giorno della donna l’8 marzo del 1935.  Al suo funerale partecipano decine di migliaia di persone e ancora oggi, Ruan Lingyu è considerata una delle migliori attrici cinesi di tutti i tempi.

2. Ferdinando Poggioli (15 dicembre 1897 – 2 febbraio 1945). Critico, apprezzato documentarista e montatore, esordì nella regia con Arma bianca (1936). Attento alle notazioni ambientali, accuratissimo sul piano formale, fu autore di film ora lirici e crepuscolari, ora drammatici, spesso tratti da opere teatrali e letterarie. Fra i suoi film più riusciti: Addio giovinezza! (1940); Sissignora (1941); Gelosia (1943); Le sorelle Materassi (1943); Il cappello da prete (1943). Nelle sue opere, ispirate a volte alle opere liriche del secolo precedente, la donna è la figura centrale della sua tematica, espressa anche con la scrittura dei film da lui girati. Dirige il suo ultimo film nel 1944, abbandonando l’attività di regista per tentare quella di antiquario. Morì nel 1945, suicida, avvelenandosi con il gas a Roma.

3. Dorothy Dandridge  (9 novembre 1922 – 8 settembre 1965) Dopo un’infanzia segnata dal divorzio dei genitori e dai sacrifici della madre, cominciò a cantare con la sorella, Vivian con il nome di “The Wonder Children”, poi trasformatesi in “The Dandridge Sisters”. Negli anni quaranta, la Dandridge ottenne i primi ruoli cinematografici rifiutando sempre quelle parti che stereotipavano la gente di colore, raffigurati spesso come camerieri e domestici. Nel 1951 ottiene infatti il ruolo della regina della giungla in Tarzan sul sentiero di guerra. Nel 1954 il regista e scrittore Otto Preminger la ingaggiò per ruolo da protagonista nel musical Carmen Jones. Il film fu un successo enorme e la Dandridge venne candidata ai Premi Oscar 1955, diventando così la prima donna afroamericana ad essere nominata all’Oscar per la miglior attrice. Divenne una diva, si comprò una villa a Los Angeles e il suo volto finì sulle riviste più importanti. Le furono attribuiti diversi amori, veri o presunti. Nel 1959 si cimentò con un altro musical Porgy and Bess, ma nonostante i grandi nomi, Sidney Poitier e Sammy Davis Jr., il film fu un flop. Ciò nonostante fu candidata al Golden Globe per la migliore attrice. Da lì a poco sarebbe iniziato il declino della sua carriera. Si sposò infelicemente due volte ed ebbe una bambina, nata con disturbi psichici. Dopo il secondo divorzio ebbe gravi problemi finanziari e fu costretta a vendere la villa di Hollywood. Un esaurimento nervoso la inizià all’abuso di alcolici. L’8 settembre 1965 viene ritrovato il suo corpo senza vita. L’autopsia  diagnosticò come causa di decesso un’overdose di imipramina, un antidepressivo.

4. Patrick Dewaere  (26 gennaio 1947 – 16 luglio 1982), nome d’arte di Patrick Jean-Marie Henri Bourdeaux. Nel 1968 entrò a far parte del Café de la Gare, un gruppo di artisti che includeva anche Gérard Depardieu, Coluche e Miou-Miou, che gli darà una figlia. Nel 1971 interpretò alcuni piccoli ruoli in televisione ma il talento artistico di Dewaere si pose in evidenza sul grande schermo nella commedia anarchica I santissimi (1974) di Bertrand Blier. In Italia apparve in Marcia trionfale (1976) di Marco Bellocchio e, nel 1977, in La stanza del vescovo di Dino Risi, tratto dall’omonimo romanzo di Piero Chiara. L’attore lavorò ancora con Depardieu nella commedia di Blier Preparate i fazzoletti, vincitrice di un Premio Oscar nel 1978. Nonostante l’indiscusso successo, Dewaere fu spesso descritto come un individuo problematico, dalla personalità fragile e nevrotica. Nel 1982, poco dopo l’uscita del film Paradis pour tous, commedia dove il suo personaggio si toglieva la vita, l’attore si suicidò con un colpo di fucile nella sua abitazione di Parigi.

5. Ekaterina Golubeva (9 ottobre 1966 – 14 agosto 2011) Russa ma cittadina francese, fu musa di vari registi, tra cui Šarūnas Bartas e Leos Carax, dei quali fu anche compagna nella vita, e protagonista di vari film russi e francesi d’autore. Tra i film che la videro protagonista, figurano Trys dienos (1991), Pola X (1999), Twentynine Palms (2003), L’intrus (2004). Vittima della depressione, è morta a Parigi – probabilmente suicida – domenica 14 agosto, a soli 44 anni.


6. Jeong Da Bin – all’anagrafe Jung Hye-sun (4 marzo 1980 – 10 febbraio 2007) Divenne famosa, soprattutto a Taiwan, nella miniserie Korean Wave, per aver interpretato ragazze effervescenti, piene di energia e anche le tipiche scolare liceali. La sua prima parte di rilievo fu in Land of Ginkgo nel 2000. Nel 2003 aveva recitato nella serie Attic Cat, o Cat on the Roof. Nel 2004 prende parte alla commedia He Was Cool. Nel 2007 si uccise impiccandosi; nessuno, neppure il fidanzato, aveva avuto sentore della sua depressione. Solo nel suo blog on-line fu trovata una pagina di diario su cui confessa la sua condizione. Dopo poche settimane avrebbe compiuto 27 anni.

7. Anna Maria Pierangeli (19 giugno 1932 – 10 settembre 1971) Sorella gemella di Marisa Pavan, debuttò nel film Domani è troppo tardi di Moguy con cui vinse il Nastro d’Argento alla migliore attrice protagonista. Stabilitasi negli Stati Uniti, esordì a Hollywood con  Teresa (1951), del premio Oscar Fred Zinnemann. Nel 1952 venne diretta da Richard Brooks in L’immagine meravigliosa e da Foster in Sombrero. Nello stesso anno fu premiata con il Golden Globe alla miglior promessa femminile. Ebbe poi parti di rilievo in film come Lassù qualcuno mi ama (1956) di Robert Wise e La tortura del silenzio (1961) di Guy Green. Dopo una relazione sentimentale con l’attore Kirk Douglas, si innamorò nell’estate del 1954 di James Dean. Il possibile matrimonio fu fortemente ostacolato dalla cattolica famiglia della giovane. Dopo un matrimonio con il cantante italoamericano Vic Damone, si risposò nel 1958 con il compositore e direttore d’orchestra Armando Trovajoli. Il matrimonio finì nel 1969. In preda a problemi economici e alla depressione, cadde nella dipendenza dai barbiturici e lasciò il mondo del cinema. Muore per un “anaphylatic shock” il 10 settembre 1971. Suicidio o morte naturale?

8. Valdemar Psilander  (9 maggio 1884 – 6 marzo 1917) Debuttò sul grande schermo nell’autunno del 1910 in Il ritratto di Dorian Gray. Venne immediatamente assunto dalla Nordisk Film per recitare in Ved Fængslets Port di August Blom. Le sue carismatiche interpretazioni lo fecero rapidamente diventare l’attore più popolare da un sondaggio condotto tra i lettori di riviste cinematografiche di tutto il mondo. Nei sei anni successivi Psilander interpretò 83 film.  In particolare era molto popolare in Germania, Russia e Ungheria. Psilander recitò in dozzine di melodrammi piuttosto mediocri, ma ebbe modo di mettere in mostra il suo talento anche in pellicole considerate tra le più significative di quel periodo;  Evangeliemandens Liv di Holger-Madsen (1914) e Klovnen di A.W. Sandberg, che venne distribuito dopo la sua morte ed è considerato il suo ruolo più importante. Si suicidò il 6 marzo 1917 a soli trentadue anni. La produzione cercò di far passare il gesto come un omicidio compiuto da un marito geloso. Altri parlano di un attacco di cuore. Per certo, scompare una delle più grandi stelle cinematografiche mondiali del periodo.

9. Anton Furst (6 maggio 1944 – 24 novembre 1991)  Ha vinto il premio Oscar nel 1990 per il film Batman diretto da Tim Burton. Nato a Londra, Furst si formò presso il Royal College of Art. Dopo il successo delle sue scenografie per la sua collaborazione a In compagnia dei lupi (1984) di Neil Jordan; ha ricreato il set di Full Metal Jacket (1987) di Stanley Kubrick ricostruendo la guerra del Vietnam nel Regno Unito. Nel 1991 ha progettato i temi del ristorante Planet Hollywood a New York. Il suo ultimo film accreditato è Risvegli, del 1990. Si è suicidato buttandosi dall’ottavo piano di un palazzo a Los Angeles in seguito ad una depressione. Si disse che tra le cause c’era l’impossibilità di collaborare alle scenografie di Batman 2.

10.  Tony Scott  (21 giugno 1944 – 19 agosto 2012), Inglese, fratello di Ridley che segue prima negli studi e poi nella pubblicità televisiva. Dopo aver girato migliaia di pubblicità, arriva ad  Hollywood. La MGM gli propone Miriam si sveglia a mezzanotte (1983) con David Bowie e Catherine Deneuve. Il film, dalla fotografia e scenografia raffinate, fu un insuccesso.  L’opportunità del rilancio gli viene offerta dai produttori Simpson e Bruckheimer che gli chiedono di dirigere  Top Gun.  Il film è il più grande successo commerciale del 1986. Nel 1987 a Scott viene gira Beverly Hills Cop II, un fallimento a livello di critica, ma uno dei migliori incassi dell’anno. Sempre nel 1990, firma Giorni di tuono,  ancora con Tom Cruise. Il film successivo, L’ultimo boyscout (1991) è un discreto successo. Nel 1983 gira una sceneggiatura di Tarantino, ovvero Una vita al massimo (1993), un film esuberante, veloce, variazione sul logoro tema di Bonnie & Clyde. Col film successivo torna al duo Simpson-Bruckheimer con un thriller dal grande budget, Allarme rosso. Nel film seguente, The Fan – Il mito, con un cast nuovamente di alto livello (Robert De Niro, Wesley Snipes, Ellen Barkin, Benicio Del Toro), però si tocca forse il punto più basso della sua carriera. Scott si riscatta con Nemico pubblico nel 1998,  adrenalico sequel de La conversazione di Francis Ford Coppola.  I suoi film successivi, Spy Game (2001), Man on Fire – Il fuoco della vendetta (2004) e Domino (2005) si mantengono nell’alveo della professionalità. Forte il legamo con Denzel Washington con cui gira nel 2006 Déjà VuPelham 123 (2009) e Unstoppable (2010). Nel 2012 si uccide lanciandosi da un ponte a Los Angeles. Nella sua auto vengono trovati molti messaggi per i suoi cari.

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1 Response

  1. acute scrive:

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