10 protagonisti del cinema italiano morti nel 2017

Li mettiamo insieme in un decimo posto che li onora entrambi

10. Ray Lovelock (n. 1950) Il nome è dovuto alla nazionalità inglese del padre. Nel 1967, al diciassettenne Raymond Lovelock viene affidata la prima vera parte nel film western Se sei vivo spara. Per il primo lavoro importante deve attendere l’anno successivo, il 1968, quando viene scritturato per Banditi a Milano, diretto da Carlo Lizzani. Tra i suoi film più famosi, lo statunitense Cassandra Crossing (1976) di George Pan Cosmatos. È di quel periodo anche il filone poliziesco che lo vede in Squadra volante (1974), Uomini si nasce poliziotti si muore (1976), Pronto ad uccidere (1976). Dal 1980 seguono tantissime apparizioni in sceneggiati e serie per il piccolo schermo. Pochi e da dimenticare i titoli cinematografici successivi al 1980: Murderock – Uccide a passo di danza (1984) di Lucio Fulci, Mak π 100 (1987) di Antonio Bido e Il fratello minore (2000) di Stefano Gigli.

10. Luigi Maria Burruano (n. 1948) Ha esordito nel cinema nel 1970, ne L’amore coniugale di Dacia Maraini. Il teatro è rimasto la sua occupazione principale fino al 1985, quando è tornato sul grande schermo con una piccola parte in Pizza Connection di Damiano Damiani. Il successo  è arrivato con la serie televisiva La piovra 8 – Lo scandalo, diretta da Giacomo Battiato. È lo zio dell’attore Luigi Lo Cascio, con cui ha girato  I cento passi (2000) di Marco Tullio Giordana. Tra gli altri film, L’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore (1995), Nowhere di Luis Sepúlveda (2002), Liberi di Gianluca Maria Tavarelli (2003), Il ritorno di Cagliostro di Ciprì e Maresco (2003), Quo vadis, baby? di Gabriele Salvatores (2005) ed Eccezzziunale veramente – Capitolo secondo… me di Carlo Vanzina (2006). Nel 2006 ottiene una grande popolarità con le fiction L’onore e il rispetto di Salvatore Samperi e Raccontami. Nel novembre 2007 esce Milano Palermo – Il ritorno, diretto da Claudio Fragasso. Nel 2008 recita ne Il sangue dei vinti di Michele Soavi, per poi tornare ad essere diretto da Tornatore in Baarìa (2009).

9. Toni Bertorelli (n. 1948) Esordisce in teatro nel 1969. La sua prima apparizione cinematografica risale al 1974 nel film E cominciò il viaggio nella vertigine. Negli anni novanta  ottiene una certa popolarità fra il grande pubblico, grazie a film come Morte di un matematico napoletano (1992) o Pasolini, un delitto italiano (1995). Per Nanni Moretti ha recitato in La stanza del figlio (2001) e Il caimano (2006), mentre fra gli altri suoi lavori si ricordano Il partigiano Johnny (2000), Luce dei miei occhi (2001), La passione di Cristo (2004) e Romanzo criminale (2005). Marco Bellocchio lo dirige in 3 film: Il principe di Homburg (1997), L’ora di religione (2002) e Sangue del mio sangue (2015).

8. Giorgio Capitani (n. 1927) Si forma collaborando a film di cassetta a basso costo che gli forniscono le basi per cominciare a dirigere in proprio a partire dai primi anni cinquanta. Realizza melodrammi e film di genere, prima di passare alla commedia all’italiana con titoli quali L’arcangelo (1969), Pane, burro e marmellata (1977), Vai avanti tu che mi vien da ridere (1982) e Missione eroica – I pompieri 2 (1987). L’esperienza del racconto semplice e per tutti, privo di velleità pseudoautoriali, gli apre le porte della televisione per la quale firma numerose fiction di successo a partire dalla fine degli anni Ottanta.

7. Umberto Lenzi (n. 1931) Noto soprattutto come uno dei creatori e protagonisti del genere “poliziottesco” con film di culto quali Milano odia: la polizia non può sparare (1974), Roma a mano armata (1976) e Napoli violenta (1976). Dopo essersi diplomato al Centro sperimentale di cinematografia, ha esordito alla regia con il film di cappa e spada Le avventure di Mary Read (1961), prima di dirigere film d’avventura rivedendo alcuni classici di Salgari, Sandokan la tigre di Mompracem (1963), I pirati della Malesia (1964). Si è anche dedicato al genere che lui stesso ha definito “thriller dei quartieri alti”, Orgasmo (1969), Così dolce… così perversa (1969) e Paranoia (1970). Ha inventato il personaggio Er Monnezza con Tomas Milian, che ha diretto in film quali Il trucido e lo sbirro (1976) e La banda del gobbo (1978). Si è inoltre dedicato ai generi horror, thriller e “cannibalico”, uno tra tutti si ricorda Incubo sulla città contaminata (1980). Molto amato da Quentin Tarantino, è anche autore di romanzi gialli di buon successo.

6. Memè Perlini (n. 1947) Amico ed allievo di Lindsay Kemp è stato co-fondatore nel 1973 del Teatro La Maschera. Come autore scenico ha scritto una cinquantina di testi, rappresentati in tutto il mondo. I primi due film da lui diretti, Grand hôtel des palmes e Cartoline italiane, sono stati inseriti nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes rispettivamente del 1978 e del 1987. Come attore cinematografico ha interpretato ruoli da caratterista in b-movie e commedie licenziose di contenuto boccaccesco, ma anche parti di rilievo in film d’autore come Giù la testa (1971) di Sergio Leone, Voltati Eugenio (1980) e Cercasi Gesù (1982) di Luigi Comencini, La famiglia di Ettore Scola e Notte italiana di Carlo Mazzacurati (1987). Sofferente di una grave depressione, si è suicidato.

5. Pasquale Squitieri (n. 1938) Laureato in Giurisprudenza, è stato aiuto regista di  Rosi e ha debuttato come regista e sceneggiatore nel 1969 con Io e Dio, prodotto da  De Sica. Ha girato film legati al genere spaghetti western sotto lo pseudonimo William Redford: Django sfida Sartana (1970) e La vendetta è un piatto che si serve freddo (1971). Ha poi diretto film storico-politici o che hanno soggetti legati a episodi, fatti e problemi dell’Italia contemporanea come la droga, la mafia, il terrorismo e l’immigrazione, per questi a volte è stato accusato di retorica e di pressappochismo interpretativo. Tra le sue pellicole: I guappi (1974), L’ambizioso (1975), Il prefetto di ferro (1977), Corleone (1978), Razza selvaggia (1980), Claretta (1984), Il pentito (1985), Il colore dell’odio (1989), Atto di dolore (1990), Li chiamarono… briganti! (1999), L’avvocato De Gregorio (2003). È stato per molti anni legato sentimentalmente all’attrice Claudia Cardinale.

4. Gianfranco Plenizio (n. 1941) E’ stato uno dei più celebri autori di colonne sonore del cienema italiano. Compositore, direttore d’orchestra, grande esperto nella musica da camera italiana dell’Ottocento, Plenizio aveva collaborato con le eccellenze del cinema italiano scrivendo centinaia di colonne sonore tra le quali anche quelle di E la nave va di Federico Fellini nell’83 e Temporale Rosy di Mario Monicelli nel ’79. Plenizio ha diretto l’orchestra per le musiche di Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini, e per film di Pietro Germi, Ermanno Olmi, Luigi Magni, Marco Bellocchio, Ettore Scola, Elio Petri e Brian De Palma. Nato nei pressi di Udine nel 1941 inizia la sua carriera come pianista per poi dedicarsi alla direzione d’orchestra. Debuttò a venticinque anni con il Barbiere di Siviglia di Rossini: diresse in seguito le orchestre più prestigiose del mondo, da Santa Cecilia alla London Symphony. Ha inciso per RCA, Ricordi, Fonit-Cetra, Sampaolo, Frequenz, Musikstrasse.

3. Enrico Medioli (n. 1925) Nato a Parma, è uno degli sceneggiatori di alcuni dei più noti capolavori del cinema italiano. Ha firmato sette film di Luchino Visconti e ha lavorato anche con registi come Valerio Zurlini, Sergio Leone, Mauro Bolognini, Alberto Lattuada, Vittorio Caprioli e Liliana Cavani. Ha vinto il Nastro d’Argento nel 1961 per la sceneggiatura di Rocco e i suoi fratelli e nel 1969 ha ottenuto una candidatura all’Oscar con La caduta degli Dei, entrambi appunto diretti da Visconti. Ha partecipato a note produzioni televisive come La Certosa di Parma (1982), I promessi sposi (1989) e Cime tempestose (2004).

2. Gastone Moschin (n. 1929) Ha ottenuto due volte il Nastro d’argento come migliore attore non protagonista: nel 1967 per Signore & signori (1966) di Pietro Germi e nel 1986 per Amici miei, atto III (1985) di Nanni Loy. Dopo essersi diplomato all’Accademia d’arte drammatica di Roma, nel 1955 debuttò al Teatro Stabile di Genova, dove offrì diverse e significative interpretazioni. Successivamente avviò la collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano, ove lavorò con G. Strehler. Nello stesso anno del suo debutto teatrale aveva esordito nel cinema con La rivale di Anton Giulio Majano, per farsi successivamente notare in Audace colpo dei soliti ignoti (1959) di Loy. Dai primi anni Sessanta ottenne notevole successo con i ruoli televisivi. In particolare Sandro Bolchi lo volle come protagonista di I miserabili, nel 1964. Consolidata la sua notorietà, poté quindi interpretare al cinema parti più rilevanti: in Signore & signori quella del ragioniere Osvaldo Bisigato; in Sette uomini d’oro (1965) di Marco Vicario, quella di Adolfo, uno dei criminali coinvolti in un colossale furto, che avrebbe riproposto l’anno successivo in Il grande colpo dei 7 uomini d’oro dello stesso regista. Nel 1967 interpretò L’harem di Marco Ferreri, per poi distinguersi in un film drammatico, Il conformista (1970) di Bernardo Bertolucci, e in alcuni polizieschi all’italiana, come Milano calibro 9 (1972) di Fernando Di Leo e Commissariato di notturna (1974) di Guido Leoni; nel 1973 prese parte a Il delitto Matteotti di Florestano Vancini e l’anno seguente interpretò Don Fanucci in Il padrino ‒ Parte II di Francis Ford Coppola. Argutamente ironico, venato di cinismo e a tratti volutamente grottesco si è rivelato il suo personaggio nei film di grande successo Amici miei (1975), Amici miei, atto II (1982), diretti da Mario Monicelli, e Amici miei, atto III. Dagli anni Novanta ha continuato ad apparire al cinema e in televisione, dove ha ottenuto buoni riscontri di pubblico con la serie Don Matteo (2000).

1. Paolo Villaggio (n. 1932) Pur avendo dimostrato in molte occasioni di potersi identificare con vari generi e ruoli, il suo istintivo talento da caratterista lo ha portato al successo soprattutto con i personaggi, da lui inventati, di Fantozzi, Fracchia e del prof. Kranz, rappresentazioni di un reale disagio sociale, nonostante la loro forte vena comica e grottesca. La maggior parte dell’attività artistica si è svolta prevalentemente sotto la direzione di Neri Parenti, Sergio Corbucci e Luciano Salce, che hanno collaborato anche alla creazione dei suoi personaggi, ma ha avuto modo di apparire in film di registi come Nanny Loy, Steno, Mario Monicelli, Luigi Comencini, Ettore Scola. Il suo talento ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti come il David di Donatello conferitogli nell’edizione del 1989-90 per La voce della luna (1990) di Federico Fellini, il Nastro d’argento nel 1994 per Il segreto del bosco vecchio (1993) di Ermanno Olmi e il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia nel 1992. Esordì nel cabaret alla fine degli anni Sessanta e debuttò in televisione nella trasmissione Quelli della domenica (1968), cominciando a presentare al pubblico i personaggi di Fracchia, di Fantocci (poi Fantozzi) e del prof. Kranz. Passò al cinema con I quattro del Pater Noster (1969) di Ruggero Deodato, cui seguì Brancaleone alle Crociate (1970) di Monicelli nel quale è un ‘alemanno’ molto simile al personaggio del prof. Kranz. La sua fisicità e la capacità di rendersi grottesco e di rappresentare figure sgradevoli, lo fecero risultare particolarmente credibile nella parte di un sordido vecchio in Non toccare la donna bianca di Marco Ferreri. Nel 1971 la casa editrice Rizzoli raccolse i suoi racconti che hanno per protagonista il ragionier Ugo Fantozzi; il libro ebbe un grande successo, ma soltanto qualche anno più tardi fu realizzato il primo di una lunga serie di film. Fantozzi (1975) venne tratto da due libri e sceneggiato da Piero De Bernardi, dallo stesso Villaggio e da Salce, che firmò la regia del film e del successivo capitolo della saga (mentre, al gruppo degli sceneggiatori, si sarebbe aggiunto Leo Benvenuti). Il grande successo di pubblico portò l’attore a riproporsi in una serie di sequels sempre incentrati sulla figura dell’impiegato Fantozzi, stemperando i dolori della piccola borghesia dei ‘colletti bianchi’ e prendendo spunto, oltre che da una ricca letteratura del primo Novecento, anche dalle sue vicissitudini personali, quale ex impiegato (ma con mire dirigenziali) dell’Italsider di Genova negli anni Sessanta. Da Fantozzi va in pensione (1988) di Parenti a Fantozzi 2000 ‒ La clonazione (1999) di Domenico Saverni, il personaggio, pur ripetendo, spesso stancamente, gag e situazioni, adegua le sue vicissitudini ai cambiamenti del proprio fisico. Se, in circa settanta film, Villaggio ha continuato per lo più a delineare personaggi simili a Fantozzi, come in Ho vinto la lotteria di capodanno (1989) di Parenti, o in Io no spik inglish (1995) di Carlo Vanzina, alcune interpretazioni hanno imposto cambiamenti talvolta radicali allo stile della sua recitazione, caratterizzato da toni più dimessi e malinconici, come in La voce della luna e in Il segreto del bosco vecchio, tratto da un racconto di D. Buzzati.

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