Lost river. Esordio sopra le righe

Il nostro parere

Lost River (2014) USA di Ryan Gosling

In una città decadente e in disfacimento si aggirano una donna e suo figlio. La donna è costretta, per affrontare il mutuo che non riesce a pagare, a lavorare in un locale particolarmente ambiguo, oltre il sadomaso; il figlio, invece, deve difendersi da un violentissimo bullo che lo vuole uccidere. Vicino a loro abita una ragazzina, il cui unico affetto è una nonna quasi completamente catatonica, isolata dal mondo se non attraverso il televisore che guarda tutto il giorno. La disperazione di tutti i personaggi, l’atmosfera di brutale angoscia porta i tre a cercare una soluzione che non può non essere violenta.

L’esordio alla regia di Ryan Gosling risente fortemente dell’influenza di Winding Refn, maestro dell’attore e suo mentore cinematografico, ma anche degli eccessi in cui spesso il regista danese cade. Di fronte ad un quadro generale denso di inquietudini, Gosling si perde estremizzando le inquadrature ma perdendo di vista la storia che scivola via senza nessun interesse, concentrato com’è a ricercare l’immagine giusta e fine a sé stessa. Un eccesso di narcisismo diventa letale per l’attrazione dello spettatore che si perde in mezzo ai lunghi silenzi.

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