It (2017) USA di Andy Muschietti
Un gruppo di adolescenti scopre l’esistenza di un’entità malvagia che si nutre delle paure degli esseri umani e che ha le sembianze di un pagliaccio di nome Pennywise.
Nuova trasposizione del romanzo di King, concepito non solo come romanzo d’orrore ma anche come un ritratto generazionale e delle sue speranze deluse. Muschietti lo scompone in due film, offendendo i puristi e gli amanti dell’opera letteraria e puntando più sul franchise dell’odioso clown, piuttosto che sul rispetto formale del libro. Strizzando un occhio alla televisione anni 80 e alle sue ultime riletture (dalla serie tv del 1990 a Stranger Things) in una strana contorsione tra i veri anni 80 e la loro mitizzazione, questo nuovo Pennywise è presentato in modo ordinato, quasi normalizzato agli occhi di chi si aspettava un rivolgimento totale.
Ben fatto, It raggiunge naturalmente la fine senza sorprese e non è particolarmente ferrato nella contrapposizione dei caratteri. I veri cattivi sono i genitori dei protagonisti, molto più spaventosi di tutte le visioni. Sono le loro famiglie disfunzionali che descrivono una nazione inaridita, incattivita e spenta dalla brutale ignoranza, che preoccupano più i ogni altra cosa. E forse questo è il vero aspetto inquietante per cui vale la pena vedere It.