Il signore delle formiche – Il processo

Il nostro parere

Il signore delle formiche (2022) ITA di Gianni Amelio

La storia di Aldo Braibanti: l’omosessualità a processo nell’Italia degli anni Sessanta. Aldo è uno scrittore italiano che nel 1968 viene accusato e condannato per plagio. Tuttavia, l’uomo non aveva commesso plagio, ma l’imputazione serviva a coprire la vera accusa: l’omosessualità.

Braibanti era un personaggio scomodo, un carattere difficile con cui Amelio può aver trovato diverse similitudini ed una comprensione umana che va al di là della semplice empatia. D’altro canto, non si può non osservare con orrore al trattamento che l’uomo ha subito, perseguitato per la sua sessualità. Meritoria è, quindi, l’opera di recupero della memoria di questo vergognoso episodio della storia italiana , soprattutto ora, mentre echi omofobici aleggiano nella politica.

Luigi Lo Cascio assume il ruolo del perseguitato. La sua interpretazione non solo chiarisce che Braibanti non era una figura particolarmente eroica, ma fa sembrare il mirmecologo altezzoso e iracondo con un intellettualismo pedante ed astratto che ora appare assai superato.

Il film di Amelio è afflitto dal suo stesso senso di importanza, che si manifesta nel suo ritmo sepolcrale. Funziona abbastanza bene nelle scene di tribunale in cui ogni pronuncia deve essere soppesata e considerata; in effetti, queste scene sono dove il film eccelle, più a suo agio nel protocollo, trattenendo i campi lunghi del volto di Lo Cascio mentre sfida i giudici. Ma quando si tratta di conversazioni ordinarie, la consegna è la morte del reale. Elio Germano, che interpreta un giornalista crociato che si occupa del caso di Braibanti, è un’eccezione degna di nota, ma anche lui è ostacolato dalla reticenza del film sulle motivazioni del suo personaggio, che non osa pronunciare il proprio nome. A parte una breve scena a una festa, l’omosessualità è ritratta come insopportabilmente cupa e torturata

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