Zero dark thirty. No enfasi

Il nostro parere

Zero Dark Thirty (2012) USA di Kathryn Bigelow

La caccia a Bin Laden attraverso lo sguardo di Maya, analista della CIA, che si trova coinvolta negli interrogatori e nella frenesia del dopo 11 settembre. Una lotta senza fine: sporca, violenta, corrotta, micidiale. Questo è il mondo di Maya per anni mentre, china al computer e chiusa in uffici, vede uomini torturati per estorcere informazioni, osserva persone morire per cogliere la minima intuizione che possa condurlo al nemico giurato dell’America. Pur nella sostanziale inanità (le scene d’azione sono davvero poche), emerge una nazione ferita, un popolo dilaniato e dedito alla vendetta senza costruire nulla. La Bigelow conduce senza enfasi, lavorando per sottrazione, lo spettatore nel mondo claustrofobico di Maya. In ogni istante c’è la forza della verità non nel senso della ricostruzione storica (semplificata per ovvie esigenze narrative), ma della rifrazione dei movimenti sotterranei del gigante americano.

Resta una donna sola, senza amore ma con molte ossessioni, che deve dimostrare il suo valore fino in fondo, deve chiedere considerazione in un mondo che tende a sminuirla. La sua solitudine appare in ogni momento, anche quando non riesce a godere della gioia del traguardo raggiunto. Ha vendicato l’amica, ma non ne trae soddisfazione, solo lacrime amare che non trovano consolazione poiché il suo lavoro riparte, su nuovi obiettivi umani.

Lontana da ogni spettacolarizzazione, la guerra della Bigelow è raffigurato come un thriller secco e virile, nonostante lasci intravedere (e forse questa è la sua grandezza) i movimenti carsici che determinano le emozioni, il non detto che appare devastante ed inaccettabile.

L’attacco finale alla casa di Bin Laden è grandissimo cinema. La tensione si stempera nel ridicolo per divenire infine violenza pura. Jessica Chastain è bravissima.

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