Song to song. Involuzione

Il nostro parere

Song to song (2017) USA di Terrence Malick

Il cinema di Malick è un sè diverso dal resto del cinema. Il  regista, ormai, si disinteressa di qualsiasi trama: segue e accompagna i suoi personaggi in un viaggio interiore che non è al termine della notte, ma alla comprensione dell’esistenza. In fondo la domanda è sempre la stessa: chi siamo e dove andiamo. Come arrivarci è quello che vuole raccontare l’autore in un flusso di coscienza visivo ininterrotto e, talvolta, vacuo.

L’occasione spinta in questo caso è la musica, ma il produttore Cook (Fassbender) e i musicisti BV (Gosling) e Faye (Mara) non cantano e suonano praticamente mai. Si muovono intorno ai palchi, ma soprattutto nelle proprie abitazioni in cui si sfiorano, si amano, si feriscono. Persi in un lusso infinito, in spazi quasi irreali, Malick firma solo i pensieri. In questo suo inseguimento dell’essenza umana, lo spettatore si perde e non riesce a trovare il bandolo della matassa. La trova il regista? Non sembrerebbe.

Da qualche anno, infatti, Malick si è involuto in questo linguaggio impenetrabile, ricco di suggestioni che a momenti affascinano, altre volte annoiano, in alcune circostanze addirittura infastidiscono. Quando abbiamo assistito a Tree of life si è rimasti travolti dalla potenza delle idee e dalla concezione dello spazio-tempo narrativo. Già allora qualcuno parlò di solipsismo, ma era davvero ispirazione. Ora, sembra alla ricerca della ripetizione, ma l’insistenza deve essere accompagnata dall’originalità. Qui non c’è.

Potrebbe piacerti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Email