Perfetti sconosciuti. Amici ai tempi del cellulare

Il nostro parere

Perfetti sconosciuti (2016) ITA di Paolo Genovese

Dopo la disgraziatissima parentesi di Sei mai stata sulla luna, Paolo Genovese ha ripreso in mano la sua brillante (fino a quel momento) carriera per tornare ad un film corale, ben scritto e ben recitato. Perfetti sconosciuti ha ottenuto non solo un ottimo risultato al botteghino, ma ha anche fatto razzia di premi portando a casa David, Nastro d’argento, Globo d’oro e Ciak d’oro in un colpo solo. Per tacere del premio alla migliore sceneggiatura conseguito al Tribeca Film Festival. Non è cosa da poco visti i giorni grami del cinema italiano.

Merito di una struttura corale notevole, di un meccanismo narrativo intelligente e a strati. L’avvio, classico da commediola all’italiana potrebbe far presagire uno scivolamento progressivo verso i luoghi comuni della nostra cinematografia, basata soprattutto sui tic ormai riconosciuti degli attori. Invece, lo sviluppo stravolge i preconcetti, incide nel profondo e lascia diverse letture. Gli attori possono dare vita alle loro complessità, passando in poco tempo dalla commedia al dramma con un cambio, in tono recitativo e capacità espressive, importante. Qua, in effetti, si vedono i limiti di alcuni (Edoardo Leo, Anna Foglietta pur non male), e lo spessore di altri (svettano Mastandrea, Giallini e Battiston, quest’ultimo in particolare). Tutti, però, sono nel ruolo.

La regia è avvolgente, non si lascia distrarre, ma sorregge il climax accarezzando i personaggi. Genovese non eccelle ma non si perde neppure in manierismi, non decora, fotografa con forza, guida il crescendo drammatico con sicurezza. E sorprende, con un finale che ha molti finali, non chiude nulla e ci lascia perplessi sulla nostra fragilità e ipocrisia.

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