La legione dei dannati. Cinema scult ma professionale

Il nostro parere

La legione dei dannati (1969) ITA di Umberto Lenzi

Rivedere questi film dopo tanti anni dà la misura della qualità che si è persa a livello professionale nel cinema italiano. Lenzi (definito regista di serie B) sapeva costruire una storia efficace, anche sufficientemente credibile negli effetti speciali e nell’ambientazione con pochissimi soldi giocando su alcune buone idee ed un serio lavoro. C’è un po’ di approssimazione nella trama e qualche attore davvero scadente, ma il prodotto finale (si tratta certamente di un prodotto) è credibile.

L’idea notevole sta nel ribaltamento dei ruoli. Jack Palance, l’ufficiale americano, è a capo di una squadra di delinquenti, uomini senza scrupoli con scarso senso morale, il suo antagonista tedesco, invece, è un uomo di principi, sconfitto perché i nazisti non lo ascoltano. In prima istanza, quindi, Lenzi spiazza il pubblico spingendolo a empatizzare con i nazisti, piuttosto che con il manipolo di soldati alleati. Dopo questo incipit, l’intreccio torna su binari consueti.

Il finale è un altro aspetto particolare. Lenzi non spiega quanto è all’origine dell’odio tra i due uomini, lascia in sospeso la spiegazione anche se si intuisce che l’ufficiale tedesco ha fatto qualcosa di orribile che ha mosso l’odio nel suo contraltare americano.

Fa sorridere l’uso di Tom Hunter, evidentemente il fratello di Tab, attore abbastanza famoso per l’epoca, che recita male, morendo sullo schermo in modo ancor peggiore.

 

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