Wajib – Invito al matrimonio

Il nostro parere

Wajib – Invito al matrimonio (2017) PAL di Annemarie Jacir

Abu Shadi, 65 anni, divorziato, insegnante a Nazareth, prepara il matrimonio di sua figlia. Shadi, suo figlio, architetto a Roma da anni, torna qualche giorno per aiutarlo a distribuire gli inviti di nozze.

Nessuno ha ragione nella Palestina moderna. Questo è il sunto del film della Jacir, donna e regista, nel racconto del suo ultimo film. Wajib è concentrato in un’unica giornata durante la consegna, come da tradizione, dell’invito per il matrimonio di sua figlia Amman. Costretti a stare insieme per lungo tempo dopo tanti anni, il padre e il figlio si scontrano sull’interpretazione della realtà, sulle modalità di interpretare la vita, mescolando le rispettive posizioni.

Ci si aspetterebbe, infatti, che il conservatore sia l’anziano Abu Shadi ma quando si parla di rapporti con gli israeliani mostra maggiore apertura del figlio che, invece, vive in Italia, perfettamente integrato nel mondo occidentale di cui apprezza fortemente usi e costumi. E’ sulle tradizioni che i due si scontrano duramente e anche in questo la regista ci mostra come sia impossibile dare ragioni o torti, ma ci si deve solo sforzare di comprendere l’altrui pensiero.

Wajib è perciò un ritratto intelligente di due uomini provati da tante umiliazioni e delusioni che, pur denotando una rabbia repressa. possono trovar, come suggerisce il finale, un lessico comune che porti alla riconciliazione, se non proprio all’accettazione dell’idee dell’altro.

 

 

 

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