Vermiglio (2024) ITA di Maura Delpero
Nell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale, il 1944, un giovane soldato siciliano di nome Pietro porta il suo compagno ferito, Attilio, fino alla sua casa in montagna a Vermiglio. Come nuovo arrivato in paese, Pietro è molto chiacchierato, ma resta in disparte.
Il nuovo film di Delpero si è meritato il Gran Premio al Festival di Venezia, e non potrebbe esserci premio più giusto per un’opera che si candida a diventare un gioiello, un dramma di famiglia profondamente commovente, ricco di emozioni e dettagli, ambientato nella campagna italiana durante la Seconda Guerra Mondiale. L’atmosfera e la narrazione possono ricordare il grande Ermanno Olmi e i fratelli Taviani, ma Delpero possiede uno stile personale ricco, interiormente potente.
La vita nel villaggio appare idilliaca, immersa in un paesaggio innevato di una bellezza mozzafiato grazie alla splendida fotografia di Michail Kricman che sa integrare gli uomini e la natura in una pastosa tavolozza di grandissima ricchezza.
“Vermiglio” riesce a costruire un proprio universo, dove il tempo e lo spazio si dilatano per includere il pubblico nelle sue complessità e misteri. La regia di Delpero è calma e riflessiva, con una maestria visiva che trasmette il freddo pungente della montagna e la fragilità dei legami umani. È un film che invita a riflessioni profonde, avvolgendo lo spettatore in una narrazione densa e poetica.
La sua forza sta nella capacità di toccare le corde più profonde del cuore, con una storia che, pur radicata in un periodo storico difficile, riesce a parlare di amore, perdita e resilienza in un modo straordinario.