The tracker. Deserto aborigeno

Il nostro parere

The tracker (2002) AUS di Rolf De Heer

Regista talvolta discusso ma di un certo talento, De Heer si è sempre cimentato con opere estreme, spesso “aliene” dalle logiche commerciali, urticanti per i contenuti forti e contrastanti. The tracker parla di una caccia all’uomo ambientata in Australia nel 1922. Tre bianchi inseguono un aborigeno accusato dell’omicidio di una donna bianca. A guidarli una guida anch’essa aborigena. I tre uomini rappresentano tre figure diverse. The veteran è un uomo anziano, ormai arreso alla vita; the follower è un giovane soldato alle prime armi, inesperto, con principi ancora saldi; the fanatic invece è un razzista violento e crudele, capace di massacrare donne e bambini senza provare il minimo rimorso, poiché li considera al pari di bestie fastidiose.

La guida è apparentemente sottomesso, indifferente alle violenze sulla propria razza. Dentro di sé, sottolineato dalle canzoni, cova invece un forte sentimento di insofferenza, di ribellione. E questa avverrà puntualmente dopo un lungo cammino nel deserto australiano, in un paesaggio selvaggio ed inospitale che protegge i nativi, allontanando il progresso e la spietatezza della cultura dei più forti, i cosiddetti civili.

Il contrasto tra lo spirito selvaggio degli aborigeni e il presunto ordine preteso dal mondo dei bianchi è l’elemento forte del film che risente di una rigidità degli schemi che sembrano costringere la trama in una gabbia che canalizza l’intreccio su percorsi fin troppo “percorsi”.

 

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