The neon demon. Mostruosità plastiche

Il nostro parere

The neon demon (2016) USA di Nicolas Winding Refn

Quando la ricerca della forma e l’ossessione di un’immagine prende il sopravvento sulla costruzione di una trama accade che si sbaglia. Così si spiega il mezzo passo falso compiuto da Refn, ormai acclamato in tutto il mondo, con questo lavoro basato sull’ossessiva ricerca della purezza astratta, della bellezza assoluta. The neon demon è un contenitore di corpi, luci, colori, riflessi senza anima. La costruzione della storia, incoerente e volutamente paradossale, finisce per svuotare di senso ogni riflessione filosofica mentre si risolve in un lungo spot commerciale (un profumo, un trucco, qualsiasi elemento cosmetico) dall’aspetto visivamente attraente ma con poco costrutto. La morale appiccicata con violenza nella seconda parte al limite dell’horror.

Silvio Danese ha sentenziato sul film che ha una “Atmosfera lugubre, battute sentenziose tra il sublime e la stupidaggine, e il morboso amore narcisista di NWR per le ‘sue’ immagini.” Come si vede l’accusa principale mossa al regista danese è il narcisismo. Non c’è dubbio, infatti, che ha uno stile riconoscibile, molto forte esteticamente, e complesso, ma se si perde nella contemplazione di se stesso (come fa il personaggio di Elle Fanning) diventa autoreferenziale e noioso. Winding Refn è così: amato in modo incondizionato o scarsamente tollerato. Il suo cinema ha il coraggio di far discutere sempre, muovendo le emozioni dello spettatore, talvolta anche in senso negativo.

La storia vede la sedicenne Jesse che una volta arrivata a Los Angeles entra nel mondo delle modelle grazie alla sua purezza. Una purezza che in poco tempo comincia a sbiadire ma che nel frattempo ha attirato su di sé l’attenzione di tante persone, non tutte disposte al meglio per lei.

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