Sicilian ghost story – Poesia vince la morte

Il nostro parere

Sicilian Ghost story (2017) ITA di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

La vicenda di Luna, una ragazza siciliana che non si arrende di fronte alla misteriosa sparizione del ragazzo di cui è innamorata, Giuseppe, il figlio di un boss della mafia locale che è stato rapito.

Il rapimento e l’assassinio di Giuseppe De Matteo è una delle più orribili vicende di mafia, in cui non vi è stata alcuna forma di pietà nei confronti di un ragazzino. La mostruosità del delitto è materia urticante e pericolosa. Già una volta era stata al centro di un episodio di Tu ridi, film dei fratelli Taviani 1998, peraltro con buoni risultati. Due registi indipendenti come Grassadonia e Piazza prendono questo spunto scottante e lo trasformano in un momento di poesia, evitando (ma mai nascondendo) di insistere sull’aspetto macabro, che può dare senso anche alla morte più terribile.

E il senso si trova nei sentimenti che i due ragazzi (Giuseppe prigioniero e Luna, innamorata di lui) riescono a provare l’uno verso l’altra fuggendo dalla realtà per atterrare in un mondo meraviglioso. La fotografia di Luca Bigazzi alterna immagini oscure e lattiginose ad altre immerse nel sole. La regia di Grassadonia e Piazza è intensa e ammaliante. Finalmente dei registi che usano i movimenti di macchina nella loro ampiezza, finalmente qualcuno che fugge dal malinteso del realismo piatto e inerte, per scegliere l’onirico. La favola nera non può naturalmente avere un happy end, sarebbe mentire. La scelta degli autori è di dividere il bene dal male con la chiarezza dei sentimenti dei ragazzi, unici liberi in un mondo di adulti impauriti e omertosi. Nell’amore c’è l’unica salvezza.

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