Ricordo del cinema civile di Francesco Rosi

Francesco Rosi è nato a Napoli nel 1922, compagno di liceo di Napolitano e studente di giurisprudenza, viene fulminato dall’amore per il cinema. Dapprima è stato giornalista, poi è diventato attore, per convergere alla regia. Nel 2008 gli è stato conferito l’Orso d’oro alla carriera al Festival di Berlino e nel 2012 il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia. Nello stesso anno ha pubblicato in collaborazione con G. Tornatore il libro-conversazione Io lo chiamo cinematografo. Imponente il suo palmares che comprende innumerevoli premi, escluso l’Oscar che gli è stato precluso dalle tematiche ostiche al pubblico americano, perché fortemente influenzato dalla ideologia comunista di cui Rosi era un importantissimo esponente.

Ha vinto sia il Festival di Cannes con Il caso Mattei, sia Venezia con Le mani sulla città, nonché Mosca con Cristo si è fermato ad Eboli e Berlino dove ha conseguito l’Orso d’Oro come miglior regista per Salvatore Giuliano. Infine, una lista di 10 David di Donatello e 3 Nastri d’Argento.

Perdiamo un gigante.

Partecipiamo anche noi al cordoglio dell’intero mondo cinematografico attraverso le parole di Gianfranco Angelucci:

Francesco Rosi era il regista dell’impegno civile, autore di coraggiose denunce cinematografiche che hanno aiutato l’Italia a crescere. “Le mani sulla città” contro il maledetto intreccio tra politica e malaffare che ci sta trascinando nel baratro; “Uomini contro” per condannare le carneficine di guerra decise dagli alti comandi sulla pelle di soldati da macello; “Cadaveri eccellenti” sulla corruzione del potere e la propria efferata autoconservazione. Era un uomo tutto d’un pezzo, un napoletano elegante e colto, amico di La Capria e Tonino Guerra, gli scrittori prediletti con cui sceneggiava la maggior parte dei suoi film, restati nella storia del cinema. Lui professionista meticoloso che costruiva le sue storie su macchine narrative documentate fino all’ultimo dettaglio, ammirava perdutamente Fellini, il creativo, il visionario per eccellenza. Si frequentavano volentieri, con autentico affetto, come non avviene sovente nel mondo della celluloide. Federico lo prendeva in giro per la sua seriosità: “Franco, ma che fai a fare il cinema se nei tuoi film non ci sono mai le donne!” Lui rideva chinando la testa, dandogli ragione.

Poi un giorno si decise a narrare sullo schermo una favola tratta da “Lu cunto de li cunti” di Basile, e la chiamò “C’era una volta”. I protagonisti erano Omar Sharif al culmine del suo fascino virile nella parte dell’autoritario, dispotico, capriccioso principe Rodrigo, e Sofia Loren nei panni procaci della giovane popolana Isabella che riesce a farlo innamorare suo malgrado. Irrimediabilmente. Mai s’era vista Sofia emanare dal proprio corpo semidivino una femminilità così abbagliante da togliere il fiato. Rosi l’aveva trasformata nella Regina di Cuori, rivelando il suo segreto di poeta e regalandoci il suo film più appassionato.

LA FILMOGRAFIA

Camicie rosse (1952), alcune scene (regia di Goffredo Alessandrini)

Kean – Genio e sregolatezza, co-regia di Vittorio Gassman (1956)

La sfida (1958)  film sulla “camorra” dei mercati napoletani e anche primo analisi dei problemi del Mezzogiorno.

I magliari (1959) dedicato alle imprese dei piccoli trafficanti napoletani che inseguono la fortuna all’estero.

Salvatore Giuliano (1962) Un caso di cronaca diventa spunto di riflessione sulla mafia, sulla vita dell’Italia di quegli anni, sul malaffare del potere.

Le mani sulla città (1963) Il sacco d’Italia mostrato senza infingimenti. Rosi, in anticipo sui tempi, mostra come si è ricostruita l’Italia: sullo sfruttamento, sull’imbroglio, la clientela, la violenza politica, fisica, ma soprattutto morale.

Il momento della verità (1964)

C’era una volta… (1967) Rara incursione nel genere più “commerciale” con una fiaba anticonformista e ricca dal punto di vista iconografico.

Uomini contro (1970)Terribile ma efficace trasposizione del libro di Lussu “Un anno sull’altipiano” che narra le vicende di una truppa durante la prima guerra mondiale. Ne esce uno spaventoso estratto della brutalità e della ferocia della guerra.

Il caso Mattei (1972) Altro caso di cronaca che fa parte dei tanti misteri della nostra nazione. E’ stato davvero un incidente ad eliminare il potente capo dell’Eni nel dopoguerra o è stato un attentato? E se lo è stato chi ha messo la bomba?Mattei viene raffigurato con ombre e luci, mettendo bene in evidenza il lato oscuro del potere.

Lucky Luciano (1973) Uno dei più sanguinari e pericolosi mafiosi americani interpretato da Volontè, attore feticcio di Rosi.

Cadaveri eccellenti (1976) Film crudo e ben costruito sugli anni di piombo e sui rischi di colpo di stato in Italia.

Cristo si è fermato a Eboli (1979) Il pericolo del ritorno del fascismo viene da Rosi esorcizzato con la versione cinematografica del libro di Carlo Levi. Il meridione povero, disperato e silenzioso è di grandissimo livello.

Tre fratelli (1981) Il funerale della madre è l’occasione per tre fratelli di ripensare il proprio rapporto con la terra, con il passato: metafora della nostra nazione spezzata e vilipesa.

Carmen (1984)

Cronaca di una morte annunciata (1987)

12 registi per 12 città (1989) – documentario

Dimenticare Palermo (1990)

Diario napoletano (1992)

La tregua (1997) Il ritorno da Auschwitz di Primo Levi è stato raccontato in un libro e Rosi ne ha fatto un’imponente opera cinematografica, non particolarmente ispirata, ma di grande impatto.

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