Quel maledetto treno blindato. Modello per Tarantino

Il nostro parere

Quel maledetto treno blindato (1978) ITA di Enzo G. Castellari

Quentin Tarantino è talmente impazzito per questo film da farne un remake (bigger than life per la verità) molto particolare. Infatti, come solito, il regista americano ha omaggiato il titolo inglese citandolo nel suo ma rivoluzionando interamente la storia. Tanto è  bastato per riportare in auge una produzione che negli anni ’70 veniva etichettato dalla critica come film di serie Z. Come dimostra l’amore di Tarantino, però, queste pellicole avevano una larga distribuzione mondiale poiché dal pubblico veniva percepito come film d’azione, fatto con professionalità, senza sovrastrutture ideologiche.

L’amore di Tarantino ha permesso perciò di rivalutare il genere war movie all’italiana, apprezzandone l’estrema professionalità. Vedendolo con gli occhi di oggi il film sorprende per la discreta ricostruzione dell’ambiente, per la buona qualità degli effetti speciali e per il buon ritmo che offre la trama. La maggior peculiarità di queste pellicole sta nell’abbattimento dei cliché del genere. Si vede, infatti, che la fretta, la necessità di girare con pochi costi portava a scene recitate malamente, connessioni narrative approssimative, intreccio spesso banale. Per ovviare ai difetti (evidenti anche agli occhi di chi girava) si suppliva con ribaltamenti di prospettiva, rielaborazione sorprendente di stereotipi. Ecco che il personaggio di colore ha una sua valenza antirazzista forte ed è connotato in modo positivo (idea non originalissima di per sé, ma intelligente), i tedeschi sono cattivi ma ce n’è uno che si distingue, il gruppo di disperati sacrifica se stesso per una buona causa. Tutti elementi presenti in film come Il mucchio selvaggio, ma sapientemente elaborati per creare una credibilità internazionale alla produzione.

Il livello complessivo è mediocre perché gli attori sono oggettivamente deboli, ma c’è una dignità nel prodotto.

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