Quando sei nato non puoi più nasconderti – Migrazioni

Il nostro parere

Quando sei nato non puoi più nasconderti (2005) ITA di Marco Tullio Giordana

Sandro ha dodici anni e una vita spensierata in una piccola cittadina di provincia. Un giorno, durante un viaggio in barca nel Mediterraneo con il padre, cade in acqua e non riescono a raggiungerlo prima che sparisca tra le onde. Viene ripescato da uno scafo su cui sono imbarcati dei clandestini che fanno rotta verso l’Italia.

Spesso un film si misura dopo diversi anni, verificando che le emozioni siano ancora le stesse nonostante il passare del tempo. In questo caso le emozioni sono ancora forti o si sono addirittura rafforzate forse per via degli eventi degli ultimi mesi, forse perchè il problema è sentito ancora di più oggi rispetto al passato.

La grande idea di Giordana è il ribaltamento dei ruoli. Sandro è ricco, vive in grandi spazi in solitudine, ha qualunque cosa desideri al punto da non desiderare altro che la considerazione del padre. La caduta in mare lo porta su una barca dove si vive tutti stipati, privati anche del minimo necessario. La morte e il pericolo sono la costante dell’esistenza delle persone al contrario della sua vita precedente, al riparo da ogni contatto con il rischio, protetto come nessuno.

L’altro aspetto notevole del film è l’impossibilità di scindere il bene dal male. Radu salva la vita a Sandro quando poteva farne a meno, rischiando di essere punito dagli scafisti. Nessuno gli ha detto di farlo, ma lui ha compiuto un gesto eroico. La stessa persona  diventa poi il carnefice di una ragazzina che anela solo ad una esistenza migliore. Chi è realmente Radu? Entrambe le cose, sembra suggerire il regista, e nessuna.

La riflessione che ne scaturisce ci permette di focalizzare con attenzione il dibattito estremo sulle migrazioni senza pregiudizi e preconcetti. Notevole anche lo scavo dei personaggi laterali. Boni è un immaturo industrialotto che basa tutto sulla materialità al punto che non riesce, se non in condizioni estreme, a manifestare pienamente i suoi sentimenti, frenato dal conformismo e dai luoghi comuni. La Cescon ritaglia una donna fragile e forte che soffre e vuole dare amore.

Il lavoro di sceneggiatura non evita talvolta alcune semplificazioni ma è onesto ed ha il merito di non assumere necessariamente posizioni manichee, sfociando in un finale aperto che lascia spazio ad ogni interpretazione.

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