Passengers (2016) USA di Morten Tyldum
L’astronave Avalon viaggia verso una colonia spaziale portando con sé 5.000 persone. Equipaggio e viaggiatori sono tutti ibernati poiché il trasferimento durerà 120 anni. Senonchè dopo 30 anni Jim si sveglia. Impiega un po’ a capire di essere completamente solo a bordo. Dopo il tentativo di comunicare con la terra (scopre con orrore che ci vorranno almeno 40 anni per una risposta) si lascia andare disperato. L’unica compagnia è il robot Arthur, barista. Allo stremo delle forze psicologiche, si invaghisce di un’altra passeggera, Aurora, ancora ibernata, vedendo i video che lei ha girato per presentarsi. Decide di svegliarla ma non le dice la verità. Quando Aurora la scopre sarà rottura totale ma finalmente i due scoprono perché Jim si è svegliato. L’astronave è in avaria e tutti rischiano la morte.
Tyldum, regista norvegese già autore di The imitation game, è abile nel tenere desta l’attenzione nella prima parte che poteva risultare noiosa, sensibile nel non far apparire troppo stucchevole la storia d’amore, intelligente nella parte finale, con maggiore azione e suspence. Crea un bel giocattolo pieno d’atmosfera, ma non può dare soffio di genialità ad una sceneggiatura complessivamente troppo semplice. Non convince Chris Pratt