Paris Blues. Il demone della musica

Il nostro parere

Paris Blues (1961) USA di Martin Ritt

Rahm Bowen, esecutore e compositore di musica jazz, vive e suona a Parigi. Lo accompagna Eddie, un musicista nero che ha lasciato l’America per sentirsi libero in un paese dove le questioni razziali non esistono. Durante la loro disordinata vita parigina incontrano due turiste americane: una bianca, Lilian, ed una di colore, Connie. L’amore che ne nasce potrà vincere il desiderio di successo?

Interessante dramma con risvolti razziali importanti, coraggioso per certi aspetti, considerato il periodo. La riflessione sul  mondo della musica e dei musicisti si unisce ad un melodramma sentimentale classico in cui si pone la contrapposizione abbastanza elementare tra l’arte e la famiglia. La storia d’amore tra Eddie e Connie è piatta, paternalista poichè Connie da donna indipendente si trasforma in un attimo nella donna desiderosa di avere figli a profusione; Eddie rinuncia alla musica senza battere ciglio.

Molto più profondo e stratificato è il personaggio di Rahm, divorato dal demone della musica, prigioniero della sua ossessione per la perfezione, incapace di stabilire una relazione duratura, generoso verso l’amico tossicodipendente, ma allo stesso tempo insensibile verso le donne che usa per riempire  la sua solitudine di fondo.

Altrettanto riusciti sono i personaggi di Lilian (Woodward) e di Serge Reggiani. La prima fornisce il ritratto di una donna moderna e indipendente, forte anche nell’accettare l’abbandono; il secondo crea un drogato ormai perduto ad ogni reazione.

Tra le musiche di Duke Ellington e la scenografia di Trauner, nonchè alla comparsata fatta da Louis Armstrong, il film ha momenti di livello (le esibizioni musicali) e modesti contributi: medietà riuscita.

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