Moonlight

Il nostro parere

Moonlight (2016) USA di Barry Jenkins

Premio Oscar tra mille polemiche per il comico scambio di buste alla premiazione dello scorso anno, Moonlight è un film aspro e duro che racconta la solitudine disperata di un uomo, omosessuale e nero in un quartiere povero di Miami. Ce n’era abbastanza per cadere negli stereotipi, invece, Jenkins riesce a calarsi nel personaggio con sorprendente maturità (è il suo secondo lungometraggio) narrando sia della sessualità repressa che della deprivazione morale e culturale in cui si è costretti a crescere nei ghetti delle grandi città.

Senza urlare, senza slogan preconfezionati, Jenkins mette ko lo spettatore immergendolo nella immensità della tristezza di Chiron. Legato febbrilmente ad una madre drogata, la bravissima Naomie Harris, che per una dose dimentica il figlio, Chiron trova un padre surrogato in Juan, un piccolo pusher che ritrova se stesso nel piccolo ragazzino, al punto che si erge a suo difensore.

Ma la realtà è dura. L’opera è divisa in tre parti. Nella prima Chiron è un bambino gracile che ha pochi amici, in balia delle astinenze della madre, pronta a prostituirsi per pochi soldi, protetto da Juan che lo ospita quando viene sbattuto fuori di casa. Juan è Mahersala Alì, premio Oscar come non protagonista proprio per questa pellicola.

Nella seconda parte Chiron è adolescente, vittima dei bulli. Juan non lo può proteggere, è morto. Chiron ora è solo ma scopre con un tenero bacio la propria omosessualità con Kevin. Kevin lo tradisce unendosi per vigliaccheria ai suoi aguzzini. E così, Chiron decide di vendicarsi da solo, decidendo la propria rovina. Lo ritroviamo dopo una decina di anni, spacciatore come Juan e immensamente solo, che si fa chiamare Black. La madre, ora disintossicata, cerca di ritrovarlo, ma è la telefonata di Kevin dopo tanti anni a risvegliarlo dalla sua apatia.

Moonlight è secco, aguzzo, difficile da accettare. La disperazione di Chiron è così profonda che risulta ottundente, allontanante. Ma questa scelta si rivela vincente perchè lo spettatore tenta di tornare da lui, afferrando il suo malessere, il desiderio semplicemente di essere amati come si è. Nella bellezza di alcuni momenti, nella dolcezza di pochi gesti che sanno impreziosire la vita di una persona c’è la poesia e la possibilità di essere un po’ felici.

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