La comune. L’utopia distruttrice

Il nostro parere

La comune (2016) DAN di Thomas Vinterberg

Anni Settanta, Erik e Anna, lui architetto, lei giornalista televisiva, decidono insieme alla figlia Freja di dar vita a una comune nella grande villa di Erik, a Copenhagen. Inizia così la realizzazione di un sogno, fatto di incontri, cene e feste. Amicizia, amore e unione convivono sotto lo stesso tetto, ma  un tarlo tende a scavare solchi tra i personaggi, infine la relazione di Erik con una sua studentessa cambia totalmente il senso dell’esistenza dei protagonisti.

Vinterberg studia e sviscera i rapporti familiari inserendo i momenti di confronto e di lacerazione all’interno di particolari dinamiche, in momenti catartici dove si svela la natura umana, la profondità delle ferite dell’anima. In questo film lavora per sottrazione, ci mostra una superficie apparentemente felice, segnata da cicatrici che agiscono in profondità, che mascherano inquietudine e solitudine. Gli uomini si costruiscono un mondo di finzione, osservati con occhi stupiti dai bambini. Ed essi non possono sopportare tali menzogne, come Vilads, il bimbo molto malato che accompagna buona parte della vicenda. L’impossibilità dell’utopia finisce per distruggere i rapporti umani, per creare meschinità ed ipocrisie.

Per quanto lo stile del regista danese non sia mutato, appare meno convincente e riuscito il suo sforzo, mancando la forza eversiva di alcune sue pellicole. Il risultato è in bilico tra la farsa e la maniera. Pur avendo buoni momenti, non convince.

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