Io sono l’abisso – Nella mente

Il nostro parere

Io sono l’abisso (2022) ITA di Donato Carrisi


Il suo lavoro è occuparsi della spazzatura. La gente non pensa mai a ciò che getta via. Invece lui sa che proprio tra i rifiuti si nascondono i segreti delle persone. Ed è così che sceglie le sue vittime.


Di nuovo alle prese con una regia tratta da un suo libro, Carrisi segue le tracce dell’ennesimo serial killer semionnipotente che si perde per una buona azione. L’idea è senza dubbio di buon livello così come l’idea dell’intreccio che si chiude con un piccolo colpo di scena che lega le diverse storie. Sul piatto ci sono tre personaggi, legati tra loro da un passato di violenza e di abusi che li ha segnati nel profondo indirizzando le loro vite.

Carrisi punta tutto sull’ambientazione ricreando, anche e forse soprattutto grazie alla fotografia di Claudio Cofrancesco, luoghi claustrofobici che sono il frutto impressionistico della mente dei protagonisti. Le stesse case assumono una forza determinante nel raccontarci i personaggi. L’uomo che pulisce ha una stanza verde che lo segue ovunque, ma anche la casa diella Cacciatrice manca di luce e gas, trascurata e abbandonata come la donna che si è cancellata nell’ossessione del dolore.

Questa disperazione è narrata però in modo superficiale, preferendo la forma e la ricercatezza allo studio interiore, ricercando il coup de theatre fine a stesso che la coerenza della storia. Certamente resta un fondo di inquietudine nella visione che è un valore aggiunto ma sembra fare più leva sulla paura del male che è in noi piuttosto che sulla tensione narrativa.

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