Il processo ai Chicago 7 – Politica

Il nostro parere

Il processo ai Chicago 7 (2020) USA di Aaron Sorkin

Il film narra il processo ad un gruppo di attivisti contro la guerra in Vietnam accusati di aver causato lo scontro tra i manifestanti e la Guardia Nazionale il 28 agosto 1968 a Chicago.

Che cos’è un film politico oggi? Per Aaron Sorkin è la necessità della memoria, la retorica allo stato puro, dove  parlare al cuore delle persone è più importante di ogni cosa. L’effetto ricercato è la specularità: oggi come l’altro ieri. Mentre il film veniva girato non si sapeva ancora se Trump avrebbe vinto o meno le elezioni, ma comunque il trumpismo, l’odio verso tutto quanto non è conformismo, deve essere affrontato e battuto, così come aveva fatto due anni fa Spike Lee con lo splendido Blackkklansman.

Le parole pronunciate dal film diventano il racconto dell’America di oggi. Anche se il contesto è profondamente cambiato, resta la necessità di spiegare l’origine dell’ingiustizia, l’indispensabilità del diritto. Si parte perciò dalla radice del male, simbolicamente quel 1969 di cui hanno già parlato film straordinari degli ultimi anni (C’era una volta a Hollywood e Vizio di forma)  nonchè la magnifica serie Tv Mad Men.

Da lì, in modo sommario, l’America è ripiombata in una guerra civile sotterranea, probabilmente la continuazione di quella effettivamente scoppiata, che superficialmente vede la divisione fra democratici e repubblicani, fra gli Stati blu e gli Stati rossi. Da una parte il pericolo rosso rappresentato dai liberal dall’altra la tradizione conservatrice che nega diritti in nome di un conservatorismo ottuso e vagamente dittatoriale.

Sorkin parteggia chiaramente da una parte, ma mette in scena un ritratto della sinistra radicale americana con le sue debolezze e le sue incongruenze grazie ad una serie di battute riuscite e di dialoghi fulminanti, resi perfettamente da un cast riuscito dove spicca, non c’è dubbio, Sacha Baron Cohen.

Tutti sono impeccabili nel loro ruolo. Ci sono momenti meravigliosi nel film per cui varrebbe la pena guardarlo come un esercizio di recitazione. Molto merito va al Sorkin scrittore mentre il Sorkin regista. Un regista diverso forse non si sarebbe lasciato irretire da una sceneggiatura limata in oltre dieci anni per lasciar entrare la storia al di fuori dei dialoghi taglienti che sono troppo belli e perfetti per essere veri.

Comunque è un gran film.

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