Il posto. Italia vintage

Il nostro parere

Il posto (1961) ITA di Ermanno Olmi

L’Italia del boom economico attraverso gli occhi di un ragazzino di Meda che trova lavoro nella grande città, in un’impresa importante dove lui si sente piccolo, indifeso. Eppure una sensazione aperta sul mondo, sulla grande speranza che nutriva il popolo italiano, perché tutti sentivano di poter migliorare la propria condizione economica. Così Domenico entra nel mondo del lavoro dove intravede una possibilità di riscatto ma anche un destino chiuso, grigio che potrebbe renderlo meschino come l’impiegato che si lamenta della scrivania con poca luce.

La freschezza della narrazione racconta il lungo apprendistato di Olmi nel mondo del documentario, quella sua capacità di evidenziare nei piccoli dettagli un microcosmo. Indagando sul volto del giovane attore, specchio muto dei tanti cambiamenti della società italiana del dopoguerra, si legge lo stupore del proletariato che si affaccia sul mondo capitalista, il fascino della crescita generazionale, della scoperta dell’indipendenza e del desiderio di amare. Il tutto avviene con ritmo brioso pur nella struttura semidocumentaristica che il regista sceglie.

E’ un’ora e mezza che si vede con compiacimento, quasi una riscoperta nell’animo naif del popolo italiano, quando era ancora capace di sognare e non richiuso in questa forma di vittimismo prolungato, nella totale mancanza di rispetto del senso civico. Qui siamo ancora in una società arcaica dove l’ingegnere è in alto, crudele burattinaio della vita di tutti, dove insiste la vera divisione sociale, dove essere poveri è dignitoso e silenzioso, in una sorta di ottuso assopimento di fronte all’ingiustizia.

Domenico, però, si muove con leggerezza, impara a divertirsi, cerca di amare come può, cerca di essere una persona diversa quando sfugge alla triste casa di Meda. Olmi sottolinea questi passaggi, si sofferma sul contrasto tra la natura arcaica del paese rispetto alla grande metropoli, al mondo moderno che avanza. Averne ancora di questi autori, capaci di portare poesia in un semplice racconto.

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