Il campione – Studiare serve

Il nostro parere

Il campione (2019) ITA di Leonardo D’Agostini

Christian, giocatore di calcio estremamente talentuoso, è un personaggio ingestibile dal punto di vista disciplinare. Il presidente della sua squadra decide di assegnargli un tutore personale, per aiutarlo a controllare la rabbia.
Caduta e rivincita nello sport: un genere tipicamente americano ma ora frequentato anche dal cinema italiano. Dopo Veloce come il vento di Rovere ecco quest’opera, non a caso prodotta dallo stesso Rovere e interpretata ancora una volta da Stefano Accorsi. Uno sportmovie costruito in modo classico che affronta il tema del calcio, tabu del cinema italiano perchè sinonimo, finora, di flop al botteghino.
Il copione ripercorre la strada già vista del campione potenzialmente immenso ma fragile psicologicamente che trova un mentore che lo indirizza sulla buona strada. Con intento pedagogico la prima parte ci mostra la folle sarabanda in cui si muovono i nostri campioni. I modelli, sia pure mai citati esplicitamente, sono facilmente riconoscibili in Cassano e Balotelli ma si riconoscono anche momenti della vita di altri campioni, romanisti in primo luogo.

Dopo aver mostrato eccessi e follie, la vicenda però si approfondisce improvvisamente legando i due protagonisti nel riconoscimento della cognizione del dolore reciproco, nella vuota solitudine in cui entrambi vivono. Questa solidarietà profonda darà a tutti e due un senso alle scelte da prendere e la sensazione di aver ritrovato una famiglia vera. Non a caso le parole conclusive del film sono “Ti aspetto qua”, un solido senso di presenza che conforta e riscalda.
I due attori protagonisti funzionano perfettamente sullo schermo. Andrea Carpenzano interpreta un Cristian fragile e solo senza eccedere mai, anzi controllando con una certa maturità la propria recitazione nelle scene madri. Accorsi, invece, è una certezza assoluta per come padroneggia le situazioni, rendendosi credibile anche nel dolore contenuto che devasta interiormente il suo peraonaggio.
Il plot si dipana con discreta fluidità anche il focus è centrato esclusivamente sui due protagonisti definiti ottimamente con momenti commoventi. Tutti gli altri sono purtroppo personaggi schematici e stereotipati – da un lato i buoni e dall’altro i cattivi – senza un minimo di introspezione che ne riveli l’animo.

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