Horror o pornografia?

di Giovanni Scolari

Il cinema horror nasce per raccontare le nostre paure, per svelare i fantasmi che custodiamo in noi. Non a caso i fondatori del genere letterario erano personaggi tormentati, pervasi da uno spirito insaziabile di ricerca, ma spesso autodistruttivi, disperati. Il cinema ha saputo “rappresentare” queste paure visivamente, ha saputo soprattutto emozionare gli spettatori con il “non visto”. La mancanza di mezzi, la semplicità degli effetti speciali, la possibilità di girare in bianco e nero esaltando i chiaroscuri, i contrasti, le ombre ha indotto il cinema a far “immaginare” il pubblico attraverso la suggestione.

I mostri delle origini sono Frankenstein, Nosferatu, Dracula (tutti in diverse versioni), ovvero vampiri, non morti, mostri, scienziati folli, demoni. Indubbiamente anche a quel tempo nacquero imitazioni seriali, doppioni vacui e banali con il solo scopo di guadagnare solleticando il desiderio morboso del pubblico di “vedere” l’abominio. La consolazione del pubblico stava nella sconfitta finale di queste “diversità”, sempre cancellate dal chiarore del giorno, dalla normalità di una società che aveva gli anticorpi per salvarsi.

Qualcuno come Roger Corman ha giocato sulla limitatezza del budget per costruire opere artigianali ma efficaci, con un marchio di fabbrica distinguibile ed una certa nobiltà d’intenti. La dimostrazione di ciò sta nelle fonti letterarie alla base di numerose opere.

 

Corman, però, poneva in posizione centrale questi “mostri” conferendogli una vita propria e mettendo in dubbio la possibilità che la società aveva di rigenerarsi. Fin troppo facile dire che nel frattempo la mostruosità del nazismo, del genocidio degli ebrei, dei disastri della guerra avevano inciso profondamente sullo stato d’animo degli uomini. Il rischio incombente del conflitto nucleare completava il quadro incerto delle prospettive future.

Due innovazioni hanno infine profondamente inciso sul genere cinematografico influenzandolo negli ultimi decenni. Gli zombie di Romero, agghiacciante metafora del consumismo, e i serial killer (invincibili) di Venerdì 13 e Halloween.

Proprio qua, nella serialità di questi ultimi personaggi viene il deleterio, il disgustoso andazzo del cinema horror attuale. Il gioco di giovani brufolosi morbosamente attratti dall’orrido, dal disgustoso, dagli accenti gore e splatter ha creato una sequela di mostri che sgozzano, squartano, spaccano nel modo più orribile e doloroso che si possa immaginare. Insomma, un vero e proprio kit del sadico è visibile in tutte le sue possibili variazioni.

Ed ecco che Jason (Venerdì 13) appare in ben 12 film (tutti dimenticabili), ecco che Saw e Wrong Turn arrivano ai cinque, sei episodi, che Eli Roth (con l’agghiacciante beneplacito di Tarantino, la cui unica immensa bufala, Grindhouse, indulge e si avvicina a questo filone) si inventa Hostel. Davvero ci si deve divertire solo con il dolore altrui?

Ora, tacciamo del fatto che in queste opere non c’è un minimo di credibilità, di logica, di intelligenza nella costruzione dei caratteri, nella invenzione delle storie, ma c’è una qualche valenza culturale in quanto viene fatto? Vogliamo dire che queste opere non valgono nè un centesimo, nè un secondo del nostro tempo? Vogliamo ragionare su cosa significa creare una generazione di ragazzini che cresce con il mito dello squartamento ignobile e nell’indistruttibilità del male? Non stiamo parlando di una copia malriuscita dell’industria pornografica dove prevale il gesto meccanico dell’atto sessuale su ogni aspetto della trama.

Non facciamo i censori, nè i moralisti che addossano al cinema e alla televisione ogni nefandezza che viene compiuta dall’umanità. Facciamo, però, il ragionamento opposto: il cinema deve avallare sempre, comunque, a qualunque mezzo, una tendenza? E’ davvero indifferente il fatto che si guardi un’opera che per un’ora e mezza circa non ha altro scopo che mostrarti la morte di qualcuno in mille e un modo doloroso e spaventoso, senza uno straccio di storia?

Invece, si da per scontato che muoiano migliaia di persone nell’indifferenza totale delle autorità (questi riescono sempre a sopravvivere), si dà per ovvio che i teenager massacrati spariscano nella più totale indifferenza, senza che nessuno (familiari, amici) ne soffra minimamente, si dà per scontato che questi personaggi siano come quelli dei videogiochi, semplici ologrammi senza anima.

Pensiamo solo a due tra i tanti “eroi” del genere: Saw e Wrong Turn. Nel primo caso un malato terminale (che non muore mai, cazzo!) invece di preoccuparsi dei suoi ultimi giorni, cercando di dare un senso all’esistenza, si mette (di notte?) ad inventare mirabolanti modi di uccidere persone che, secondo il suo parere, sono responsabili di varie nefandezze. A quanto pare il moribondo (ma quando muore?) è un criticone perchè per quanto si sforzi, non riesce proprio a trovare un essere umano che gli vada bene. Dove trovi i soldi e le ore per organizzare trappole così perfette ed elaborate non si capisce. Medicinali certo non ne prende e neppure va in ospedale a curarsi. Mangia? Macchè. Mai una volta, poi, che sia stanco e voglia farsi una serata libera ammazzando il malcapitato con un colpo di pistola in fronte! Macchè! Lui deve fare qualcosa di eccezionale, forse colpito da complessi che lo hanno sfibrato fino a farlo diventare quello che è.

In Wrong turn, invece, ci sono tre cannibali con una faccia talmente da coglioni che nessuno può credere siano giunti dove sono. Invece, hanno il potere di sterminare interi popoli senza mai ferirsi (e se si feriscono lo fanno sempre in modo leggero che non gli impedisce di smembrare il resto del genere umano), bloccando il tempo. Perchè per loro il tempo si blocca. Esempio? Dopo un lungo inseguimento catturano due che naturalmente svengono, riprendendo conoscenza solo quando sono legati e bloccati in un campo da football. Quanto lontano fosse il campo non si sa, dove abbiano trovato la catena è un mistero (a meno che facesse parte del loro beauty case). Uno dei due è così incatentao ad un palo, mentre l’altro è sepolto fino al collo. A questo punto i tre trovano (trovano?) un tagliaerba? No, troppo semplice. Loro si procurano una trinciaerba gigantesco che normalmente serve per argini, bordi stradali ecc. I tre, dopo aver fatto tutte queste cose, aspettano che i due sfortunati si sveglino e dopo li fanno a pezzi. Mica male, vero? E questo è solo uno delle dozzine di omicidi compiuti nella notte!

Lo sceneggiatore sa di avere un pubblico di decerebrati che non si pone il problema del tempo, ovvero del fatto che per organizzare una cosa del genere ci vogliano due, tre ore almeno. Ci mancherebbe! Invece loro compiono cose che ci vorrebbero settimane per farle in pochissimo tempo  e scompaiono indisturbati, consci che nessuno li inseguirà mai.

E hanno ragione! Nessuno con un minimo di buon gusto può apprezzare un film di questo tipo. Nessuno che lo apprezzi si porrà mai il problema essenziale che sembra sparire per le ultime generazioni: un film deve avere un contenuto ed un significato o è solo un’accozzaglia di effetti speciali?

Non è questa una forma di pornografia? L’atto sessuale compiuto da Rocco Siffredi non è più spontaneo e naturale da uno di questi inutili mostri? Non è una vera e propria forma di pornografia mostrare il corpo martoriato di decine di ragazzi uccisi e torturati? Non è più ispirata e variegata la regia di un porno rispetto a questi prodotti seriali?

Per la cronaca Welcome to Zombieland è una pellicola intelligente, citazionista che nulla ha a che spartire con i sottoprodotti culturali di cui ho appena parlato.

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18 Responses

  1. Giovanni Scolari scrive:

    Scusate lo sfogo

     
  2. Valentina scrive:

    Esistono due importanti fenomeni chiamati “gusti diversi” e “non guardare un film se non ti piace”

     
  3. Giovanni Scolari scrive:

    Yes e li pratico entrambi. Tuttavia, il pubblico che beneficia di certi film è quasi esclusivamente formato da minorenni che non hanno alcuna capacità di comprensione dei fenomeni alla base di certi film. Non sono per la censura, ma solo per dire che l’andazzo è davvero vergognoso. E’ il terzo fenomeno: criticare dopo aver visto è meglio di quando lo si fa solo per pregiudizio.

     
  4. Jessica scrive:

    A me pare un discorso un po’ da bigotto. Senza offesa chiaramente.

     
  5. Giovanni Scolari scrive:

    Nessuna offesa. Anche se bigotto a me fa un po’ ridere

     
  6. Valentina scrive:

    Per mia esperienza personale e italiana, i teenager l’horror non lo guardano ma purtroppo guardano Moccia (ma sempre de gustibus). Frequentando pagine, forum, siti e circoli, gli aficionados siamo noi ultratrentenni. E inoltre: il problema è essere un teenager demente, non essere un teenager demente che guarda horror, altrimenti ripartiamo con la storia dei videogiochi violenti e io sono costretta ad andare in coma etilico.

     
  7. Giovanni Scolari scrive:

    Per mia esperienza professionale i maschi tra i 12 e i 17 anni guardano questi film in modo massiccio, soprattutto in televisione (Sky o Premium) dove non c’è un controllo dei genitori. La mia, comunque, vuole essere una provocazione, ma davvero trovo più spontaneità in un porno che in Wrong Turn 5. Peraltro, finisco il post con un riferimento positivo a Benvenuti a Zombieland. I teenager non capiranno fino in fondo questo film, ma almeno ci sono idee e professionalità.

     
  8. Valentina scrive:

    Quando guardo un horror non cerco né idee né professionalità. Se ci sono, ben vengano. Sennò cerco tessuto ematico e interiora sparse in giro.

     
  9. Giovanni Scolari scrive:

    Sapevo di andare contro un esercito di fan. Poi a me le interiora non piacciono neppure a tavola.

     
  10. Valentina scrive:

    Non è questione di essere fan o non fan perché questo è un discorso che per me vale in generale. Non ho mai compreso come si possa applicare l’etica (o la razionalità) all’estetica. Mentre io guardo un film, ascolto una canzone, guardo un quadro o una mostra fotografica, posso provare o non provare godimento o un a delle tante sfumature in mezzo. Non so da dove venga, né dove vada, né posso sapere perché provo godimento con una cosa e non con un’altra. Quindi per me qualsiasi tentativo di esprimere giudizi razionali o addirittura etici sui prodotti destinati al godimento è del tutto inutile. Tu puoi analizzare ogni singolo horror che mi piace e io posso tranquillamente convenire con te che tale o talaltro film è illogico, volgare, insensato o quello che ti pare, ciò non toglie che mentre lo guardo io ne goda. Ci sono tanti generi e centinaia di film che odio ma è impossibile che io “spieghi” a qualcuno questa sensazione, e ancor di più è impossibile argomentarla.

     
  11. Tommaso scrive:

    Concordo con l’assunto, non con la conclusione. A me le interiora piacciono un sacco a tavola e al cinema mi fanno cagare. Come diceva Conrad in uno dei suoi tanti capolavori “la percezione della Morte non appartiene a quando si è giovani”; non si possiede l’identificazione dell’ombra e del mondo altro, con il suo carico di tedio, di stanchezza, di scontento e di irriflessione. Per quello gli horror piacciono tanto ai giuvinotti e a tutti quelli cui non è dato di passare la linea d’ombra. E questa, giusta o sbagliata, è comunque una cazzo di argomentazione.

     
  12. Valentina scrive:

    Ok, prendo atto del Vangelo secondo Conrad. Allora da oggi che devo fare? Mi piacciono? Non mi piacciono? Ma soprattutto, come faccio a farmi smettere di piacerli?

     
  13. Tommaso scrive:

    πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός.
    E guardare bene tutta la filmografia di Melville aiuterebbe.

     
  14. Valentina scrive:

    Vedi, la differenza è che io non ti dirò mai che i tuoi gusti andrebbero corretti con la visione di non so cosa, perché non c’è un paradigma nei gusti, in riferimento al quale stabilire giusto e sbagliato. Ma d’altra parte, mi rendo conto che il modo più veloce per sentirsi fighi – per quelli che hanno questa necessità – è darsi un tono da intellettuale.

     
  15. Tommaso scrive:

    Ma io sono un intellettuale del cazzo, sono cresciuto negli anni 70 e mi piace dare la linea. Sono moderno, non postmoderno e trascende ogni mio controllo.

     
  16. Giovanni Scolari scrive:

    Bazin in Che cos’è il cinema definisce la rappresentazione della morte come un’oscenità metafisica poichè la morte si vive, non si rappresenta. Questo tipo di film gioca su tale oscenità per un puro sfruttamento economico, violentando ogni regola narrativa (cosa che Corman e Hitchcock non avrebbero mai fatto). Da qua la mia personale “condanna”. Il ragazzino e lo spettatore non devono porsi questi quesiti ma chi studia di cinema sì, secondo il mio parere. Comunque, volevo provocare una discussione e mi sembra, iin qualche modo, di esserci riuscito

     
  17. Valentina scrive:

    Purtroppo io non ho autori da citare a giustificazione dei miei gusti, vado a cospargermi la testa di cenere ottenuta da ossa tritate.

     
  18. Tommaso scrive:

    Bella lì, verboso dirigismo pseudo dialettico versus irriflessivo situazionismo psichico; una delle teorie possibili dell’incomunicabilità dei tempi.

     

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