Due giorni, una notte. La dignità del lavoro

Il nostro parere

Due giorni, una notte (2015) BEL di Jean Pierre e Luc Dardenne

Sandra viene licenziata a seguito di una depressione che l’ha colpita. La sindacalista riesce però a convincere il titolare dell’azienda a ripensarci. Egli però pone una condizione: se gli altri dipendenti rinunceranno al bonus, lei potrà tornare al lavoro. Ha tempo due giorni (e una notte appunto) per convincere gli altri a cambiare idea. La donna comincia a contattare i colleghi piena di imbarazzo e di vergogna poiché capisce di chiedere un sacrificio a tutti. Alcuni la ascoltano e decidono di cambiare idea, altri la insultano considerandola una minaccia al piccolo gruzzolo che pensavano di incassare. Il percorso della donna è colmo di dolore e di sofferenza, condivisa con le figlie e il marito che pure le stanno vicino.

Marion Cotillard è splendida nella sua fragilità, riesce a conferire alla donna una dignità densa di significati. Le incertezze, i timori, le speranze si accavallano sul suo volto che diventa una rappresentazione del reale. Ogni increspatura del viso svela tratti del carattere di Sandra in modo imprevisto, immergendo lo spettatore nella psicologia del personaggio.

I fratelli Dardenne rinunciano ancora agli attori non professionisti e questo consente al film di innalzarsi, rivalutandoli. Forse è un’evoluzione del loro cinema che ora non è più solo pedinamento, ma magnifica finzione; forse è una svolta della loro carriera che non rinuncia alle tematiche sociali migliorando l’estetica.

 

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