Dopo la guerra – Sopravvivere

Il nostro parere

Dopo la guerra (2017) ITA di Annarita Zambrano

Un terrorista italiano rifugiatosi in Francia fugge con la figlia adolescente quando ne viene chiesta l’estradizione a seguito dell’omicidio di un docente universitario probabilmente ispirato alle sue azioni. La ragazza, però, non vuole lasciare la Francia, ma non riesce a chiudere con un padre che ha scelto per lei.

All’esordio alla regia, la Zambrano sceglie un argomento urticante per l’opinione pubblica italiana (il terrorismo rosso) e lo fa senza cedere alla facile demagogia o al moralismo d’accatto. La scelta più significativa è utilizzare il punto di vista dei sopravvissuti alla “guerra” che ha insanguinato l’Italia negli anni settanta. Non i terroristi, come Battiston, ancora impregnato della ideologia sconfitta, ancora convinto delle proprie ragioni al punto da non vedere non solo il dolore lasciato ma anche il dolore che sparge ancora; non le vittime, colpite a tradimento, uccise senza pietà, come il docente universitario all’inizio, ma i parenti dei terroristi.

La sorella, la figlia, la nipote, il cognato di Marco (il Battiston più oscuro mai visto) pagano il prezzo di una guerra che non hanno voluto e non hanno condiviso. Attorno a loro c’è vergogna, senso di colpa, deprivazione. Tutti vivono con un peso che Marco ha imposto con la sua scelta. Queste persone sono come la popolazione di una nazione, appunto, dopo la guerra. Gli abitanti di questo mondo si aggirano tra le macerie cercando di ricostruire se stessi, pagando un prezzo elevato.

Molto bella è la figura di Viola, la figlia di Marco, divisa tra l’amore per il padre e l’incapacità di comprendere le sue ragioni, di accettare la decisione di espatriare, impostale senza minimamente tenere in conto le sue esigenze. In questo aspetto emerge l’intransigenza dell’uomo che ricorda la lotta armata con uno sguardo obliquo, indisponibile ad accettare le ragioni degli altri. Marco non sente, o non vuole sentire, l’esigenza di una riconciliazione, dell’accettazione non della sconfitta, ma delle ragioni degli altri. Per questo motivo non vuole andare in carcere: non riconosce alle autorità il diritto di giudicarlo.

Girato con tono minimalista, con angoli oscuri che rendono le asperità dei personaggi, Dopo la guerra è un buon esordio, solo velato da un eccesso di stereotipia nel tratteggiare le figure secondarie.

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