Alla riscoperta del cinema muto – Le notti di Chicago

Le notti di Chicago (1927) USA di Josef Von Sternberg

Originariamente, il film doveva essere diretto da Arthur Rosson, ma il regista venne sostituito dalla Paramount. La casa di produzione non credeva al successo della pellicola che, inizialmente, venne proiettata in una sola sala di New York. Lo stesso Ben Hecht chiese che il suo nome venisse tolto dai titoli. Il film, per merito di un efficace passaparola, diventò ben presto un grande successo.

Trama

Evaso dal carcere, il capogangster “Bull” Weed sospetta che la sua donna “Feathers” McCoy e il suo luogotenente “Rolls Royce” l’abbiano tradito. Quando scopre che non è vero, ma che sono innamorati, li fa mettere in salvo e si arrende alla polizia. Sarà condannato a morte.

Su soggetto di Ben Hecht (premiato con l’Oscar nella 1ª assegnazione 1927-28 degli Academy Awards), sceneggiatura di Robert N. Lee e del regista (anche di Howard Hawks, ma non accreditato), è considerato il capostipite (muto) del genere gangsteristico. Dominato da un senso cupo di fatalità e contrassegnato da un ammirevole uso della luce (fotografia di Bert Glennon), è un film in anticipo sui tempi (si sente la mancanza del suono) sul quale s’è posata la polvere del tempo perché quelle che nel 1927 erano innovazioni, divennero poi convenzioni. Molte sequenze da citare, oltre a quella iniziale della rapina in banca. Citiamo almeno il ballo dei gangster e la scena in cui “Feathers” seduce “Rolls Royce”.

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