Alain Resnais, il tempo di un ricordo parte prima

Alain Resnais nasce nel 1922 a Vannes. Da giovane si dedicò al teatro come attore prima di iscriversi all’IDHEC. Interrompe gli studi per passare al montaggio, grande passione della sua vita cinematografica. Un amore che lo conduce ai documentari, bellissimi ed ispirati, su opere pittoriche. Van Gogh (1948), Gauguin e Guernica (1950) sono gioielli che godono di contributi di altri autori come Chris Marker. Nel 1959 si presenta a Cannes con

Hiroshima Mon Amour (1959)

L’incontro tra un’attrice francese ed un architetto giapponese serve a sviluppare una complessa riflessione sul ruolo della memoria nella vita individuale e sociale. Il ricordo non è da intendersi come atto nostalgico, ma come momento critico per comprendere ciò che si è e le proprie possibilità d’azione. La sceneggiatura è di Marguerite Duras. Il film successivo, invece, vede la collaborazione con un esponente del nouveau roman, poi esso stesso regista, Alain Robbe-Grillet.

L’anno scorso a Marienbad (1961)

Ambientato nel tempo della memoria, rileva l’impossibilità dei protagonisti dei protagonisti di uscire da uno stato oggettuale che impedisce loro qualsiasi azione. Il film suscita molte polemiche per il suo stile anticonvenzionale giocato esclusivamente sull’allusione e la metafora. La pellicola successiva spiazza i detrattori di Resnais. E’

Muriel, il tempo di un ritorno (1963)

Scritto in collaborazione con Cayrol, il regista si affida al montaggio per organizzare criticamente un materiale realistico e molto scottante, utilizzando anche sequenze documentarie della guerra d’Algeria. Il protagonista, Bernard, reduce dall’Algeria, non riesce a liberarsi dal ricordo di Muriel, una ragazza torturata e uccisa. I personaggi di Resnais vivono una vita provvisoria, falsata dal tentativo di redimere il proprio passato smembrato. L’unico a sfuggire a questa prospettiva è Bernard.

La guerra è finita (1967)

Scritto con Jorge Semprun è centrato sulla figura di un militante comunista spagnolo che organizza l’opposizione al regime franchista facendo la spola tra Madrid  e Parigi. La riflessione costante sulle contraddizioni presente nella speranza rivoluzionaria, fanno di Diego un personaggio complesso e affascinante. Il tema della memoria ritorno però prepotentemente in
Je t’aime, je t’aime (1969)

E’ un’opera poco apprezzata dalla critica che non ha individuato i suoi meriti, ovvero la capacità di tracciare una fenomenologia del ricordo indicando la memoria critica come mortale. Nonostante alcuni momenti decisamente ripetitivi, il tentativo appare geniale. Dopo questo film Resnais sceglie il silenzio per diversi anni. Ritorna sugli schermi n con

Stavisky, il grande truffatore (1974)

E’ una storia di gangster ambientata nella Francia degli anni ’30. Si tratta di un’avventura al di fuori della consueta ottica di Resnais, ma Belmondo rappresenta un angelo del male, capace (come in altre opere) di svelare, malgrado lui, la falsità di quanto lo circonda. La critica non ha apprezzato molto.

Providence (1977)

Una rappresentazione mortuaria e allucinata delle fantasie di un anziano scrittore in punto di morte per via di un tumore al retto. Se la memoria è mortale come gli uomini, non resta che rifugiarsi in un futuro immaginato o in un immaginario liberato. Si tratta di una delle sue opere più mature e riuscite.

Mon oncle d’Amerique (1980)

Le tesi del sociobiologo Henri Laborit servono da spunto per Resnais per raccontare alcune storie intrecciate tra loro. Davvero il comportamento umano dipende dall’educazione ricevuta nei primi tre anni di vita? Realmente gli uomini sono prevedibili come cavie da laboratorio? Il regista gioca con ironia a smontare il determinismo scientifico proprio rivendicandone le ragioni. La sceneggiatura è di Jean Grualt.

La vita è un romanzo (1983)

E’ un gioco ad incastro tra diversi livelli di realtà congegnato ancora da Grualt. Al centro del film le storie di alcuni personaggi che si intrecciano pur sviluppandosi ad anni di distanza. Lo sfondo resta un castello liberty, il tema è l’impossibilità di progettare la felicità.

L’amour a mort (1984)

Un amour fou surreale e sconvolgente che cerca di superare anche in confini della morte. Intervallato da siparietti enigmatici con il contrappunto delle musiche di Hans Werner Henze, il film risulta come una composizione musicale dove Resnais si libra come sapiente direttore d’orchestra (spartito ancora di Grualt)

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