Ad memoriam. Registi scomparsi nel 2013

A conclusione di quest’anno, ci fermiamo un attimo per ricordare chi non c’è più ed ha dato lustro all’arte cinematografica. Partiamo dai registi, ricordandoli nelle loro migliori opere.

In ordine sparso citiamo il russo Aleksei Balabanov (Ekaterinburg, 25 febbraio 1959 – San Pietroburgo, 18 maggio 2013) autore di Brother nel  2008, Lau Kar Leung (Guangdong, 28 luglio 1936 – Hong Kong, 25 giugno 2013) maestro dei film marchiati Shaw, i solidi professionisti americani Ted Post (Brooklyn, 31 marzo 1918 – Santa Monica, 20 agosto 2013) e Richard C. Sarafian (New York, 28 aprile 1930 – Santa Monica, 18 settembre 2013) direttori il primo di Impiccalo più in alto con Clint Eastwood ed il secondo di Punto zero nel 1971. Infine, una citazione per un protagonista del cinema trash, Jesus Franco, detto Jess (Madrid, 12 maggio 1930 – Málaga, 2 aprile 2013).

AGGIORNAMENTO. Il 7 dicembre è scomparso Edouard Molinaro regista de Il vizietto. Aveva 85 anni.

10. Augusto Tretti (Verona, 1924 – 7 giugno 2013) Frequenta la facoltà di giurisprudenza, ma l’ambiente universitario lo esaspera e durante quegli anni inizia la sua carriera di cineasta, realizzando brevi cortometraggi “anti-religiosi”, andati perduti. Intenzionato a perseguire la carriera di regista si trasferisce a Roma a metà degli anni ’50, dove frequenta gli ambienti culturali della capitale, che in quegli anni vedevano la presenza di nomi molto noti del cinema italiano, ad esempio Flaiano, Fellini e Antonioni. Il suo cinema è stato quasi dimenticato, ma possiede una forte carica vitale, una corrosività unica nel cinema italiano. Vale la pena recuperarlo.

9. Michael Winner (Londra, 30 ottobre 1935 – Londra, 21 gennaio 2013) Dopo aver diretto Marlon Brando in Improvvisamente, un uomo nella notte (1971) e la coppia di divi Burt Lancaster-Alain Delon in Scorpio, inizia nel ’74 la discussa serie de Il giustiziere della notte con Charles Bronson (che aveva già diretto nel ’72 con Chato): Winner è il regista dei primi 3 capitoli della saga.

8. Juan Josè Bigas Luna (Barcellona 19 marzo 1946 – La Riera de Gaià, Tarragona, 6 aprile 2013). Dopo aver abbandonato gli studi in economia e aver intrapreso quelli di design e arredamento, si è dedicato alla regia. Il suo cinema, carico di atmosfere surreali, è caratterizzato da temi quali l’ossessione del desiderio e gli eccessi erotici. Grande scopritore di talenti come Penelope Cruz, Javier Bardem e Francesca Neri. Tra i suoi film: Le età di Lulú (1990), Uova d’oro (1993), La teta y la luna (1994), Bámbola (1996),  L’immagine del desiderio (1997), Volavérunt (1999), Son de mar (2001).Nel 1992 ha ottenuto il Leone d’argento alla Mostra del cinema di Venezia per Prosciutto, prosciutto.

7. Damiano Damiani (Pasiano, 23 luglio 1922 – Roma 7 marzo 2013). Agli esordi il suo cinema è stato attraversato da una speciale tensione etica e sociale, ereditata direttamente dal neorealismo, e successivamente, assecondando l’interesse per l’attualità italiana, ha adottato solidi schemi narrativi del cinema ‘classico’ statunitense. Ha esordito nella regia con Il rossetto (1960), seguito da L’isola di Arturo (1962) e La noia (1963), film attenti al clima psicologico e ricchi di suggestive notazioni. Successivamente si è dedicato con discreto successo al genere poliziesco di impegno civile: Il giorno della civetta (1968); L’istruttoria è chiusa: dimentichi (1971); Girolimoni (1973); Perché si uccide un magistrato (1975); Io ho paura (1977); Good-bye e amen (1978); Un uomo in ginocchio (1979). Ha poi diretto alcune serie dello sceneggiato televisivo sul tema della mafia La piovra (1984, 1995) e il film L’inchiesta (1986).

6. Alberto Bevilacqua (Parma 27 giugno 1934 – Roma 9 settembre 2013). Scrittore, ha pubblicato numerosi romanzi di grandissimo successo.  Come regista ha diretto la trasposizione cinematografica dei suoi romanzi La califfa (1970), Questa specie d’amore (1971) e La donna delle meraviglie (1985), come anche Attenti al buffone (1975), Tango Blu (1988). Affabulatore affascinante, personaggio istrionico ha saputo raccontare l’Italia degli anni settanta/ottanta con occhio attento e vigile, mai banale. Dopo un periodo d’oro ha avuto un’involuzione dal punto di vista registico per cui non ha saputo riprodurre i suoi grandi successi.

5. Luigi Magni (Roma 21 marzo 1928 – 27 ottobre 2013). Dopo aver lavorato come sceneggiatore e come autore teatrale, dal 1968 si è dedicato alla regia cinematografica (Faustina), specializzandosi nella ricostruzione d’epoca in costume, tra satira e analisi storico-politica.  Nell’anno del Signore (1969) è il film che delinea le linee espressive del suo cinema, completamente dedicato a una Roma drammatica, farsesca e popolana. Tra i suoi film si ricordano ancora: La Tosca (1973); Quelle strane occasioni (1976); In nome del papa re (1977); State buoni se potete (1983); Secondo Ponzio Pilato (1987); O’ re (1988); In nome del popolo sovrano (1990); Nemici d’infanzia (1995); La carbonara (2000). La sua ambientazione preferita era il Risorgimento papalino gaglioffo e corruttore, usato come specchio deformante della realtà sociale e politica di quegli anni.

4. Patrice Chereau (Lézigné, Maine-et-Loire, 2 novembre 1944 – Parigi 7 ottobre 2013). Importante regista teatrale, ha esordito al cinema nel 1975 con Un’orchidea rosso sangue. Successivamente si è affermato con L’homme blessé (1983) e La regina Margot (1994), per il quale ha vinto il premio della Giuria del Festival di Cannes. Nel 2001 ha vinto a Berlino l’Orso d’oro con Intimacy (Nell’intimità), tratto dal romanzo omonimo dello scrittore britannico Hanif Kureishi. Nel 2003 ha presentato sempre al Festival di Berlino Son frère vincendo l’Orso d’argento per la regia. A questi lavori sono seguiti Gabrielle (2005) e Persécution (2009).

3. Denys De La Patelliére (Nantes, 8 marzo 1921 – Dinard, 21 luglio 2013) autore di alcune delle piu’ popolari pellicole d’Oltralpe degli anni ’50 e ’60. Nella sua carriera ha piu’ volte diretto, tra gli altri, Jean Gabin, Lino Ventura, Charles Aznavour, Louis de Fune’s e Vittorio De Sica in film come ‘Un taxi pour Tobrouk’, ‘Du rififi a’ Paname’, ‘Le Tatoue” o ‘Les Grandes Familles’ e ‘Caroline cherie’.

2. Carlo Lizzani (Roma 3 aprile 1922 – 5 ottobre 2013). Dopo aver contribuito all’affermazione del Neorealismo, soprattutto in veste di critico e sceneggiatore, si è imposto come autore di un cinema politicamente impegnato, affrontando momenti scottanti della storia italiana, dal fascismo alla cronaca più recente. Tra i suoi film: Cronache di poveri amanti (1954), Banditi a Milano (1968), Fontamara (1980), La passione di Angela (2005). Nel 2007 ha ricevuto il David di Donatello alla carriera. È stato inoltre direttore della Mostra del cinema di Venezia (1979-82). La sua morte, un suicidio molto simile per modalità a quello di Monicelli, ha colpito tutti.

 

1. Nagisa Oshima (Kyoto 31 marzo 1932 – Fujisawa 15 gennaio 2013). Nel suo primo film, Il quartiere dell’amore e della speranza (1959), già si affacciano i temi come la lotta di classe, l’erotismo, la rivolta, la violenza, che hanno poi fatto di lui uno degli autori più impegnati e rappresentativi del cinema del suo paese. Tra le opere: Racconto crudele della giovinezza (1960); Notte e nebbia del Giappone (1960); Diario di un ladro di Shinjuku (1968). Il suo capolavoro è considerato La cerimonia (1971), grande affresco della storia giapponese del dopoguerra. Il suo successo più significativo è stato Ai no korīda (Ecco l’impero dei sensi, 1976): Altro film molto riuscito fu  Furyō (1983) con David Bowie, Ryuchi Sakamoto e Tom Conti. Le ultime opere sono state Max mon amour (1986), Gohatto (Tabù, 1999) e, per la televisione, Kyoto, my mother’s place (1991) e 100 years of japanese cinema (1994).

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2 Responses

  1. Sono basito per l’elevato numero di grandi maestri che questa brutta annata ci ha portato via. Che tristezza conoscevo bene sia Lizzani che Magni (oltretutto due tra i miei registi preferiti in assoluto in Italia.) Mi piace pensare che esista un aldilà di cineasti e che tutti loro continuino a realizzare capolavori e a divertirsi.

     

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