50 sfumature di grigio. Sadomaso patinato

Il nostro parere

50 sfumature di grigio (2015) USA di Sam Taylor Johnson

La trama la conoscono più o meno tutti. Il giovane e bellissimo milionario John Grey si mette insieme ad Anastasia Steele, universitaria bella ma sfigata che lo intervista per la facoltà. Naturalmente scatta la scintilla anche se Grey è un dominatore sadico e lei una verginella che si è conservata per il principe azzurro. Il milionario usa le armi che tutti usano alla prima uscita sfoderando fuoriserie di ogni tipo, l’elicottero e un appartamento lussuosissimo completo pure di laboratorio dove troneggiano fruste e ammenicoli di ogni tipo per le sessioni sadomaso. Lei è un po’ impaurita ma poi cede. La sua ritrosia naturale e il suo carattere vagamente infantile (accoppiato ad una tendenza alla zoccolaggine che emerge solo in questa relazione) fanno innamorare follemente Grey. Si sa, però, che i master sono tali e non possono transigere, quindi invece che cercare una donna più adusa a queste pratiche lui insiste finchè lei non cede dopo aver lottato per i suoi diritti cavillando su alcuni commi del contratto da schiava che deve sottoscrivere. Anastasia non regge a queste pressioni e se ne va lasciando Grey a pezzi: ancora master ma con il cuore a pezzi.

Primo ragionamento. Il sadomaso fatto come un servizio patinato di qualche rivista di moda fa abbastanza ridere. Meglio guardarsi Secretary, un film che affronta lo stesso argomento con qualche argomento in più e molta meno ruffianeria per capire che anche in questo mondo vi sono meschinità e fragilità, non figoni straricchi amici di Briatore.

Secondo ragionamento. Jamie Dornan è un attore interessante con dosi di ambiguità strepitose come potrà testimoniare chi ha visto The Fall, una serie TV dove interpreta un serial Killer. L’attore è molto più affascinante lì che in tutte le immagini muscolari mostrate nel film e con il taglio di capelli (un po’ idiota) che gli hanno fatto. Riuscire ad appiattire un attore di un certo talento in questo misero pastiche è colpa totale della regista e della sceneggiatura. Ai posteri la sentenza delle responsabilità.

Terzo ragionamento. E’ comprensibile che (spiace dirlo) vi sia un esercito di ragazzine e di casalinghe disperate che uggiolino alla vista del romanticone con la frusta, concedendo una dubbia credibilità ad una storia costruita con l’unico obiettivo di fare soldi, ma la totale assenza di motivazioni psicologiche, la rincorsa delirante allo stereotipo da calendario Pirelli è deprecabile, brutto e insultante per l’intelligenza della donna. Almeno ci fosse la stessa cura poi del calendario Pirelli dove lavorano fotografi che si possono definire artisti, non affamati produttori che sbavano all’idea degli incassi senza badare alla qualità.

Infine, una risposta preventiva a chi criticherà i critici affermando che è tutta invidia, come dimostra la risposta del pubblico, o intellettualismo moralista. Se si vuole vedere qualcosa che scuote il moralismo si guardino i capolavori di Fassbinder (Querelle de Brest ad esempio). Se si vuole guardare qualcosa che ha incassato tanto ma ha un certo valore si pensi a Titanic di Cameron che univa sostanza all’immagine e non cercava solo l’effetto flou per illanguidire gli animi. Qua non c’è nulla.

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